L’alluvione di Firenze del 4 novembre 1966 è il culmine di una serie di violente piogge che investì la città e i suoi dintorni a partire dalla fine di ottobre. Nella memoria collettiva quella catastrofe, che fece più di 30 vittime nella sola città, è ricordata ancora oggi soprattutto per i danni che interessarono il patrimonio culturale e artistico e per le opere di soccorso e di solidarietà che coinvolsero città, enti, istituzioni, sia italiani sia internazionali.
Inedita e straordinaria fu la partecipazione di giovani studenti volontari, provenienti da varie parti d’Italia e dall’estero, che giunsero a Firenze nei giorni successivi per salvare dal fango migliaia di volumi della Biblioteca Nazionale e le opere d’arte custodite presso gli Uffizi e le numerose basiliche e chiese.
La Sip di Firenze
Dopo una situazione critica iniziata dalle prime ore della notte, la mattina del 4 Firenze si trovò completamente allagata. La violenza dell’evento fu tale che le comunicazioni telefoniche con la città risultarono interrotte e per tutto il corso della giornata praticamente solo i fiorentini poterono aver presente la reale portata dell’evento.
Secondo quanto riportato sulla stampa aziendale di quel periodo, le centrali telefoniche avevano retto abbastanza bene ancora fin verso le 7 del mattino, soprattutto quella del Bandino e la centrale Centro, dopo di che seguì la paralisi totale del servizio.
La prima centrale raggiunta dall’acqua fu quella dell’Affrico e a seguire la Bandino e la centrale delle Cascine (con l’acqua vicino ai 3 metri di altezza). In alcuni casi le squadre di intervento Sip riuscirono a ritardare, seppure provvisoriamente, l’interruzione del servizio concentrando gli sforzi sulle “sale batterie” delle centrali automatiche, allestendo sbarramenti e utilizzando gruppi elettrogeni di emergenza; in altri, non fu in alcun modo possibile arginare l’arrivo dell’acqua, come ad esempio, avvenne presso i Servizi Speciali ubicati sotto il Palazzo Strozzi, dove i dipendenti Sip ebbero solo il tempo di rifugiarsi ai piani superiori senza poter in alcun modo salvare le apparecchiature.
Lavorare al lume delle candele
Ma più in generale la gravità della situazione riguardò il totale blackout della rete.
Tutto il personale Sip di rete e di centrale venne mobilitato dalla mattina del 4 e nei giorni successivi fu affiancato dai colleghi provenienti da Torino, Roma e Genova. Già a partire dalla mattina del 5 novembre, l’uso di gruppi elettrogeni mobili rese possibile il ripristino delle comunicazioni interurbane con Pistoia, Genova e Roma.
Le priorità con cui operò la Sip in quei giorni seguirono, infatti, un piano di intervento organizzato per togliere progressivamente dall’isolamento la città con il resto d’Italia: prima riattivare le linee telefoniche verso gli altri compartimenti e distretti e in seguito assicurare il funzionamento del servizio all’interno del distretto e della città di Firenze.
In molti casi, in assenza di corrente elettrica, la ricostruzione delle apparecchiature nelle centrali telefoniche da parte degli operai e dei tecnici Sip avvenne con il semplice ausilio di candele.