L’invenzione del telefono

Diversi furono i protagonisti dei primi anni di vita del telefono. Un ruolo di primo piano fu svolto dagli scienziati e dagli inventori che, con le loro ricerche e i loro esperimenti, svilupparono questa nuova applicazione dell’energia elettrica.
 
 Il caso Meucci

La polemica sul mancato riconoscimento dell’invenzione del telefono all’italiano Antonio Meucci è nota. Il “caveat”, e cioè la domanda di brevetto, depositato nel 1871 dall’italiano poi morto in povertà, era prova inconfutabile di quel primato, giacché i brevetti di Alexander Graham Bell e di Elisha Gray sarebbero stati depositati solo cinque anni dopo, nel 1876.


Il caso di Meucci è tutt’altro che raro. Nel corso dell’Ottocento, come anche del Novecento, è spesso accaduto, infatti, che più persone, estranee l’una all’altra e magari a migliaia di chilometri di distanza, contemporaneamente, abbiano rivendicato la stessa invenzione.
Le critiche sulla mancata attribuzione a Meucci dell'invenzione del telefono, ritenuta fra le più significative della “modernità”, erano state sostenute soprattutto dagli italiani in America che, attraverso quel riconoscimento, aspiravano ad ottenere, sia pure indirettamente, una maggiore considerazione anche per la comunità degli italo-americani.
La campagna di rivendicazione fu ripresa in Italia all’indomani della morte di Bell, avvenuta nel 1922, rimbalzando dalle pagine dei quotidiani al Parlamento.
A un’interpellanza posta dall’on. socialista Umberto Bianchi, che chiedeva se non era ritenuto opportuno decretare “un’inchiesta ufficiale” sul caso Meucci, il capo di governo Mussolini da poco insediatosi, dopo aver ricostruito l’intera vicenda, concludeva ricordando la sentenza della Corte americana e il diritto così solennemente riconosciuto di annoverare “tra le nostre più fulgide glorie” anche quella dell’invenzione del telefono.
In altre parole, più che riconoscere il merito al povero fiorentino espatriato in America era importante rivendicare l’italianità di un’invenzione così rilevante.
 
 Tutti italiani i “precursori”!

Secondo quanto era stato pubblicato sul Corriere della Sera nel 1922, anche Meucci aveva avuto un precursore, ovviamente anch’egli italiano: il valdostano Innocenzo Manzetti, che aveva fatto funzionare nel 1861 un "telegrafo parlante".
Il destino aveva però voluto che, pochi mesi dopo la pubblica presentazione del nuovo congegno, Manzetti ricevesse la visita di un misterioso scozzese che di nome faceva proprio Alexander Graham Bell. La rivista americana «Electrical World», commentando la notizia, aveva però fatto notare come nel 1861 il sig. Bell fosse poco più che quattordicenne.
Oltre il telefono, lunga era comunque la lista compilata in quegli anni delle invenzioni italiche "usurpate" dagli stranieri: il termometro, il barometro, la dinamo, la galvanoplastica, l’igrometro, il paracadute, il motore a scoppio, addirittura un elicottero a vapore e altro ancora. La maggior parte di quelle invenzioni era stata riconosciuta, acquistando così senso, solo retrospettivamente, dopo che altri, in paesi industrialmente più avanzati, avevano sfruttato scoperte e congegni in
processi industriali.
Gli italiani erano dunque sempre presentati come dei "precursori", tanto geniali quanto sfortunati nell'ottenere i giusti riconoscimenti. Tutti tranne uno, Guglielmo Marconi, inventore del telegrafo senza fili e abile uomo d'affari, il simbolo del "genio italico" che in Gran Bretagna aveva trovato appoggi e finanziamenti per lo sviluppo della sua idea.
 
 L'apparecchio telefonico di Gray

Il fondamentale problema della conversione dell’onda sonora prodotta dalla voce in impulsi elettrici fu risolto grazie all’invenzione dell’americano Elisha Gray: il trasmettitore a resistenza variabile (registrata lo stesso giorno del brevetto di Bell, il 14 febbraio 1876).
Attraverso tale dispositivo, le onde vocali fanno variare la resistenza e quindi la corrente nella linea e nel ricevitore, utilizzando un filo conduttore collegato al diaframma e immerso in una soluzione conduttrice.
L’idea del microfono fu realizzata praticamente da Hughes nel 1877. Il suo dispositivo era costituito da una sbarretta verticale di carbone, i cui estremi erano situati fra due altri blocchetti di carbone, in grado di compiere piccoli spostamenti; tra tali blocchetti erano inseriti la pila e il ricevitore.
Qualunque suono, trasmettendosi come perturbazione degli strati d’aria, originava una pressione sulla sbarretta verticale, mutando così l’entità del contatto con i blocchetti e quindi la resistenza del circuito. Cambiava di conseguenza la corrente nel ricevitore, e ciò consentiva la modulazione del suono.
Sempre nel 1877, a distanza di poco più di un mese, Edison presentava la propria variante, nella quale la pasticca di carbone era mantenuta da due lamine metalliche.

Sulla rivista aziendale «Sincronizzando...», n° 8, 1922, viene data notizia della morte di...
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L'articolo dal titolo Il telefono è invenzione italia, apparso sulla rivista...
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L'articolo, apparso sulla rivista aziendale «Selezionando. Notiziario Stipel, Telve, Timo», n°...
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