Comunicazione esterna e pubblicità

 
Nella storia di Telecom Italia, e soprattutto in quella delle società che l’hanno preceduta a partire dalla metà degli anni Venti, la storia della pubblicità o, se si preferisce, della comunicazione esterna è segnata da forti discontinuità.
Per lunghi decenni l’impegno principale delle varie imprese è stato sia quello di convincere gli italiani dell’utilità pratica del mezzo, sia di spiegare un sistema tecnologico tanto facile all’accesso quanto complesso nel suo funzionamento.


La pedagogia puntava sulla diffusione di conoscenze di apparati e tecniche, via via sempre più sofisticate, per le quali erano stati impiegati capitali privati e, a partire dagli anni Trenta, anche capitali pubblici, finalizzati alla costruzione di un servizio pubblico essenziale per la modernizzazione del paese.
Nei fatti prima della seconda guerra mondiale, nonostante si fosse cercato di indurre le famiglie italiane dei ceti medi ad accogliere il telefono in casa, l’immagine più forte e seducente finì per essere quella cinematografica dei “telefoni bianchi”, simbolo di un lusso, appannaggio dei ceti più esclusivi.
Fra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio degli anni Sessanta, nell’epoca del boom, pur permanendo il regime di monopolio che poco giustificava l’impiego di risorse in comunicazione, le concessionarie prima e la Sip-Stet poi scelsero il mezzo cinematografico come strumento privilegiato d’informazione.
A partire dagli anni Sessanta, nella società dei consumi che stava prendendo forma, l’azienda tentò nuove forme di pubblicità - e all’interno sviluppò nuove riflessioni sul ruolo della pubblicità - per indurre il pubblico degli utenti a utilizzare nuovi servizi e prodotti, dalla Filodiffusione alla moltiplicazione degli impianti domestici.
Nella seconda metà degli anni Settanta, in un periodo di forte crisi economica, politica e sociale, la comunicazione verso l’esterno divenne per l’azienda uno dei principali ambiti strategici su cui rifondare la propria immagine. Le definizioni di “marketing sociale” e “marketing pubblico” entrarono a far parte della nuova politica di comunicazione aziendale che iniziò ad avvalersi dell’uso pianificato di tv, radio e stampa periodica.
Gli anni Ottanta furono contrassegnati dalla radicale ridefinizione dell’immagine aziendale (viene adottato il tetagramma rosso come nuovo logo) e dall’immissione sul mercato di nuovi prodotti e servizi (fax, segreteria telefonica, rete fonia-dati, videotel, ecc…) resi possibili dall’avvio della digitalizzazione delle centrali. La diffusione del marchio divenne l’aspetto centrale della comunicazione esterna con l’obiettivo di rafforzare l’immagine aziendale e promuovere i singoli prodotti. La realizzazione della pubblicità fu affidata per la prima volta a famose agenzie del settore.
Tra gli anni Novanta e il Duemila nuovi scenari si aprirono con l’apertura del mercato alla concorrenza e la privatizzazione del gestore telefonico: iniziava l’era della telefonia mobile e di Internet e si affermava lo spot televisivo come principale mezzo di comunicazione. Noti registi e testimonial cominciarono a segnare le nuove campagne per la promozione di marchio e prodotti.
L’immagine prevalente è quella della comunicazione tra i giovani.