Discriminazioni razziali e di genere

Nel verbale del Consiglio di Amministrazione della Stipel, riunitosi il 25 novembre 1938 sotto la presidenza del prof. Ugo Bordoni, fu scritta una pagina nera della storia dell’azienda, che corrisponde a un atto infamante nella storia d’Italia:  la promulgazione delle leggi razziali contro gli ebrei voluta dal governo di Mussolini.
 
 “Quattordici dipendenti, di razza ebraica”

Dell’immediata applicazione in Stipel del Decreto Legge del 17 novembre 1938, che  all’articolo 13 vietava  agli enti pubblici e alle aziende statali e parastatali di avere alle proprie dipendenze persone appartenenti alla razza ebraica, fu data informazione dal presidente,  nel paragrafo dedicato ai temi relativi al “Personale”, in appena quattro righe: “Quattordici dipendenti, di razza ebraica, sono stati recentemente inviati in licenza, in attesa di ulteriori istruzioni circa l’applicazione dei provvedimenti in materia razzista”.


Altri enti e aziende erano stati  molto meno solerti nell’applicare quel decreto. Il perché in Stipel si fosse giunti a una decisione così tempestiva meriterebbe di essere indagato più approfonditamente. Comunque sia, la provvisoria licenza divenne per i quattordici un definitivo licenziamento per motivi di razza il 1° maggio 1939. Questo si apprende dalla consultazione del fascicolo di una vertenza, che risale al marzo 1947, nata in seguito al  ricorso per la riassunzione di uno dei licenziati. Alla fine del procedimento giudiziario, il tribunale impose la riassunzione del dipendente discriminato senza riconoscergli, però,  alcun diritto all’indennità di anzianità per il periodo in cui era stato estromesso dall’azienda. Il giudice si era attenuto a quanto aveva stabilito la sentenza della Cassazione del 24 gennaio 1948 n. 96 . Il dipendente non aveva diritto neanche al rientro nel posto specifico che in precedenza occupava.
 
 A proposito di donne

In quella stessa seduta del CdA del 25 novembre 1938, sempre in tema di “Personale”, maggiore attenzione fu posta, invece, su come evitare una svantaggiosa applicazione del Decreto Legge del 5 settembre 1938,  che riguardava la discriminazione delle donne lavoratrici inquadrate come “impiegate”. Secondo l’articolo 1°  del R.D.L n. 1514,  le “impiegate” delle amministrazioni pubbliche come anche delle aziende private  non dovevano superare il dieci per cento di tutti gli impiegati assunti, a meno che, chiariva l’art. 3°, non si trattasse di impieghi “particolarmente adatti alle donne”.  Il presidente della Stipel spiegò che un tale provvedimento non poteva riguardare le commutatoriste occupate  nelle centrali, giacché erano parificate agli operai, mentre per quanto riguardava le altre dipendenti, esse svolgevano in larga parte occupazioni che “per le loro intrinseche caratteristiche” erano “particolarmente  adatte per le donne (stenodattilografe, dattilografe, comptometriste, etc.)”. Se fosse stata  accolta tale interpretazione, le conseguenze pratiche per la Stipel sarebbero state enormemente ridotte.
Sia il verbale del CdA della Stipel del 1938 sia il fascicolo della vertenza del 1947 fanno parte del Fondo CSS - Carte sociali Stipel.

Stralcio dal verbale del Cda Stipel, 25 novembre 1938 (Fondo CSS-Carte sociali Stipel).
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