I materiali: metallurgia e chimica

I problemi legati alla trasmissione a lunga distanza del segnale telefonico non dipendevano solamente dalle caratteristiche “elettrotecniche” del sistema, ossia dall’uso di alcuni componenti piuttosto che di altri, ma anche dall’uso dei materiali: ferro, bronzo o rame. Per la costruzione degli apparecchi, invece, vi fu largo uso dei nuovi materiali di sintesi.


 
I cavi telefonici

Le prime reti telefoniche furono costruite in fili nudi. Il materiale usato per le prime trasmissioni era il ferro. Questo si dimostrò ben presto poco efficace per le caratteristiche di conduttività e al suo posto vennero adottati il rame e il bronzo fosforoso.
Sino alla metà degli anni Ottanta dell’Ottocento la comunicazione telefonica prevedeva l’utilizzo di un solo filo per il trasporto del segnale, e di un altro per la messa a terra.
Presto ci si accorse che utilizzando dei circuiti di tipo “metallico”, costituiti, in pratica, da due fili metallici collegati a ciclo chiuso, l’induzione che avveniva era uguale e opposta nei due fili, e tendeva così ad annullarsi. L’effetto era accresciuto quando i due fili, oltre a essere accoppiati, erano anche intrecciati l’uno con l’altro.
Nelle città, grossi fasci di fili si diramavano al di sopra degli edifici sfruttando appositi appoggi infissi sui tetti e sulle facciate. Un tale sistema si rilevò però impraticabile con l’incremento dell’utenza, senza contare gli inconvenienti causati dalle interferenze con le reti elettriche, che in quegli stessi anni vedevano un rapido sviluppo.
I fili nudi furono sostituiti in breve, su vasta scala, dai cavi. Il cavo era formato da uno o più conduttori di corrente, avvolti da una sostanza isolante per impedire che la corrente si disperdesse nel suolo o su altri conduttori e racchiusi all’interno di un’armatura che li proteggeva dai danni esterni.
Grazie alle innovazioni introdotte da Pupin, Erlang e van Rysselberghe, oltre che ai miglioramenti delle tecniche di isolamento, si poterono anche ridurre i diametri dei conduttori, passando dai 150-200 chilogrammi per chilometro ai 50 delle linee aeree, sino ai 5-10 chilogrammi delle linee a breve raggio dell’inizio del Novecento.
Per gli isolamenti, nel primo periodo, si utilizzarono resine naturali, come la guttaperca; successivamente, a partire dal 1884, si impiegarono cavi di ferro o rame coperti di piombo, e dopo ricoperti di cotone. In seguito, dal 1889, al posto del cotone fu utilizzata la carta, che si dimostrò un isolante molto efficace.
 
 La bachelite e l’ebanite

Anche il campo della telefonia risentì degli effetti positivi apportati dai materiali di sintesi che si affacciarono sulla scena a partire dalla fine dell’Ottocento sino a tutta la prima metà del Novecento. Le resine fenoliche sono le resine termoindurenti di origine più lontana, sebbene ancora oggi siano tra quelle maggiormente utilizzate. L. H. Baekeland, da cui prende il nome la bachelite, le brevettò nel 1909. Esse riscossero immediatamente una grande fortuna anche se furono utilizzate soprattutto nel periodo tra le due guerre mondiali. Questi tipi di materie plastiche sono lavorate per stampaggio e, tra le numerose loro applicazioni, quella dei telefoni è da sempre una preminente. Si tratta di materiali termoindurenti, ossia che durante lo stampaggio subiscono variazioni strutturali che li rendono inutilizzabili una seconda volta.
L’ebanite è un materiale ottenuto per la prima volta da Charles Goodyear tramite la vulcanizzazione prolungata della gomma naturale. Nell’Esposizione universale del 1851, tenutasi al Crystal Palace di Londra, vide già esposti dei manufatti realizzati in ebanite. A causa della protratta vulcanizzazione, la gomma naturale assume all’interno della propria struttura una percentuale molto alta di impurità, in massima parte zolfo, dando come risultato un materiale con alto potere dielettrico, a metà tra le materie plastiche e quelle naturali. Resistenza all’attacco dei prodotti chimici, durezza e rigidità sono caratteristiche proprie dell’ebanite, fino a temperature dell’ordine di 50° C.
Di aspetto brillante e lucente, per molti anni l’ebanite fu concorrente della celluloide e delle resine fenoliche. Il ciclo di lavoro base prevedeva una prima estrusione, alla quale seguiva una lavorazione all’utensile, o uno stampaggio ulteriore con stampi bivalve. Per molti anni fu usata come uno dei materiali per la realizzazione di componenti per la telefonia.
 

Tratto da E. Longo, Linee telegrafiche e telefoniche in cavi, Roma, 1913. L’autore era direttore...
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