Il 27 luglio 1994 fu siglato l’atto di fusione per incorporazione in Sip di Italcable, Telespazio, Sirm, Iritel. Nacque così Telecom Italia che il 18 agosto debuttò in Borsa.
Non si trattò di una decisione improvvisa ma, all’opposto, fu solo una tappa, sia pure importantissima, di un processo, iniziato già nel decennio precedente, che portava alla liberalizzazione e alla privatizzazione nel settore delle comunicazioni, come previsto dalle politiche europee. Due anni prima, nel 1992, proprio in adesione alla normativa europea che prevedeva la separazione delle funzioni di regolamentazione da quelle operative, era stata soppressa l’Azienda di Stato per i Servizi Telefonici (ASST) e le sue attività operative erano state acquisite da Iritel. Tre anni dopo, il 18 luglio del 1997 il Consiglio dei Ministri emanò il decreto per la definitiva privatizzazione di Telecom Italia (incorporata nella Stet). Nasceva così la prima "public company" italiana, la nuova Telecom Italia Spa, una società per azioni ad azionariato diffuso nella cui storia sono via via confluite molte delle imprese che hanno costruito le telecomunicazioni del nostro Paese.
Le concessionarie telefoniche e la Stet
Nel 1924 furono fondate tre delle cinque imprese che nel 1925 vinsero la gara per la concessione da parte dello Stato dell’esercizio del servizio telefonico ai privati: Step - Società telefonica piemontese, divenuta poi Stipel -Società telefonica interregionale piemontese e lombarda, Teti - Società telefonica tirrena e Set - Società esercizi telefonici, attiva nell’Italia meridionale. Le restanti due, Timo - Telefoni Italia Medio Orientale e Telve - Società Telefonica delle Venezie, erano già state costituite l’anno prima. Al 1925, risale anche la fondazione dell’ASST - Azienda di Stato per i Servizi Telefonici, a cui fu riservata la gestione delle principali linee interurbane.
La Sip - Società idroelettrica Piemonte diretta da Gian Giacomo Ponti, che aveva fondato la Stipel, nel 1927 arrivò ad acquisire anche le concessionarie Telve e Timo. A quella data, il 60% del sistema telefonico italiano era dunque sotto il controllo del gruppo idroelettrico piemontese. In seguito alla crisi del ’29, che travolse Sip e le società telefoniche, decisivo fu l'intervento dello Stato mediante il ruolo dell'Iri - Istituto per la Ricostruzione Industriale, fondato per rilevare tutte le partecipazioni industriali delle grandi banche in crisi. In questo contesto il 21 ottobre del 1933 venne fondata a Torino la Stet - Società torinese esercizi telefonici, la finanziaria Iri per il settore delle telecomunicazioni. Compito della Stet era controllare e coordinare da un punto di vista tecnico-amministrativo le tre concessionarie telefoniche del Gruppo Sip. Il prestito obbligazionario di 400.000.000 di lire, pari al capitale Stet, venne offerto al pubblico come azionariato; al termine delle conversioni, il 42% del capitale risultò essere di azionisti privati. La formula Iri-Stet rappresentava un originale modello di società con capitale misto pubblico-privato; il settore telefonico, per più della metà controllato da Stet, fu quindi gestito attraverso un sistema "intermedio" tra il pubblico e il privato.
In questo processo uno dei protagonisti era stato Guglielmo Reiss Romoli, giovane tecnico della finanziaria pubblica Sofindit cui era stato affidato il compito di predisporre il piano di salvataggio delle concessionarie. Proprio a Guglielmo Reiss Romoli nel dopoguerra, dal 1946 al 1961, fu affidata la carica di direttore generale Stet. Furono anni fondamentali per la ricostruzione del sistema telefonico italiano e per il suo sviluppo successivo. Prima di tutto però fu necessario sanare le ferite lasciate dal conflitto giacché parte della rete era ridotta in condizioni tali da richiedere rilevanti investimenti mentre la ricostruzione delle città provocava continui lavori per lo spostamento dei cavi telefonici. Nel 1952 un primo obiettivo significativo fu raggiunto: tutti i comuni italiani risultarono collegati alla rete telefonica nazionale.
La nascita della Sip - Società italiana per l'esercizio telefonico
Il processo di unificazione del sistema telefonico nazionale giunse al suo completamento nel 1958 quando Stet rilevò anche il controllo di Teti e Set, le due concessionarie ancora private. Fu attraverso la fusione per incorporazione delle cinque concessionarie Stipel, Telve, Timo, Teti e Set nella Sip idroelettrica che si giunse infine alla fondazione, il 29 ottobre 1964, della nuova Sip - Società italiana per l'esercizio telefonico. Al momento della sua nascita, la nuova Sip contava, su tutto il territorio nazionale, 4.220.000 abbonati e 5.530.000 apparecchi telefonici in servizio; i Posti telefonici pubblici (Ptp) esistenti erano complessivamente 27.644.
Sempre nel 1964, il 5 dicembre, nasceva a Torino Cselt - Centro studi e laboratori telecomunicazioni finalizzato all’attività di ricerca del Gruppo Stet, una società per azioni che ereditava l’esperienza dell’originario Csel - Centro studi e laboratori, creato in via sperimentale da Stet nel 1961 presso le strutture Stipel.
Il traguardo della teleselezione integrale, raggiunto il 31 ottobre 1970, fu non solo il risultato di un successo tecnologico e organizzativo, che poneva Sip e Stet all’avanguardia in Europa, ma soprattutto fu un importante contributo al superamento degli squilibri del Paese. Da quella data gli oltre 6 milioni di abbonati italiani, compresi quelli che abitavano nelle più piccole località, erano in grado di collegarsi tra loro automaticamente. Attraverso il telefono, le tante Italie, distanti tra di loro economicamente e geograficamente, segnate allora profondamente dalla mobilità dal sud al nord e dalle campagne alle città, poterono accorciare qualche distanza: il telefono favoriva la possibilità di mantenere, riannodare o meglio annodare i legami d’affetto o di affari.
L’ingresso dell’elettronica nel sistema delle telecomunicazioni costituì un altro passaggio fondamentale, consentendo l’installazione di nuove centrali numeriche e ponendo così le basi per l’avvio dell’era digitale. Nel corso degli anni Ottanta la comunicazione pubblicitaria Sip ebbe principalmente lo scopo di far conoscere l’offerta di inediti servizi e prodotti quali il facsimile o fax, il servizio di telefax, la segreteria telefonica, il teledrin o cercapersone, la rete fonia-dati, la teleconferenza, il videotel, ecc. In particolare il fax e la segreteria telefonica furono all’origine di significative novità nella comunicazione interpersonale. Intorno alla metà di quel decennio il processo di diffusione del telefono nelle case degli italiani arrivò a compimento: nel 1985 si registrò, infatti, una media di 30,4 abbonati ogni 100 abitanti. Ciò significava che la stragrande maggioranza delle famiglie italiane, al nord come al sud del Paese, era finalmente collegata alla rete telefonica. Pochi anni dopo, nel 1988, la Sip avviava un massiccio piano di investimenti, denominato “Piano Europa”, destinato a portare le telecomunicazioni italiane al livello dei maggiori paesi europei. Il Piano prevedeva investimenti per 44.000 miliardi in 4 anni. Gli obiettivi del Piano, ovvero l'allineamento agli standard europei di efficienza e qualità (fra cui la riduzione del tempo di attesa per l'accesso al servizio a poche settimane e maggiore diffusione dei nuovi apparecchi a scheda per la telefonia pubblica) furono sostanzialmente raggiunti nei tempi previsti.
Telecom Italia
Nel corso dell'ultimo decennio del Novecento una vera e propria rivoluzione nel settore delle telecomunicazioni ha investito l’Italia come la maggior parte dei paesi del vecchio continente. In seguito alle decisioni in materia di liberalizzazione e privatizzazione assunte in sede europea, che fissavano tra l’altro nel 1° gennaio 1998 l'apertura del mercato alla concorrenza, scomparvero dal settore i monopoli e le aziende controllate dallo Stato. Nel 1992, in adesione alla normativa europea che prevedeva la separazione delle funzioni di regolazione dalle strutture operative, fu soppressa l'Azienda di Stato per il Servizio Telefonico (ASST) e le sue attività vennero acquisite dalla società Iritel. Il 30 giugno del 1994, il Consiglio di Amministrazione dell'IRI approvava il “Piano di riassetto delle telecomunicazioni” nel quadro delle disposizioni contenute nella legge del 29 gennaio 1992 e dei criteri generali fissati dal CIPE. Il Piano prevedeva la fusione delle cinque società del Gruppo Iri-Stet impegnate nel settore telefonico (Sip, Iritel, Italcable, Telespazio e Sirm) e la nascita di una nuova società con la denominazione sociale di Telecom Italia. Il 27 luglio a Torino nelle sale di Palazzo Vallesa fu firmato l’atto di fusione. Il 28 giugno del 1995 nasceva TIM - Telecom Italia Mobile spa (tramite un atto di scissione parziale da Telecom Italia). Ancora una volta l’atto ufficiale si svolse a Torino nelle sale di Palazzo Vallesa. Gli obiettivi della nuova società erano la realizzazione, la gestione e lo sviluppo dei seguenti sistemi di telefonia mobile: radiomobile TACS, radiomobile GSM, radiomobile di avviso personale, evoluzione tecnologica del GSM. Nel mese di ottobre 1996 TIM lanciò sul mercato la “TIM card”, la prima carta telefonica prepagata e ricaricabile per la rete GSM. L’innovazione segnò l’inizio di una straordinaria, e inaspettata, diffusione commerciale della telefonia mobile, che coinvolse significativamente larghe fasce giovanili.
Nel 1998, come da tempo previsto, il settore delle telecomunicazioni italiane fu liberalizzato e aperto alla concorrenza.