Tra telefono e radio

Grazie all'invenzione di Marconi la comunicazione telegrafica poteva liberarsi dai "fili". Ma quel "telegrafo senza fili" aveva un "difetto", che Marconi tentò inutilmente di correggere e che costituisce la pre-condizione della comunicazione di tipo broadcasting, cioè di una comunicazione che da un punto raggiunge una massa indistinta. In altre parole, quel "difetto" è alle origini dei moderni mass media.
 


Telefono e radio, sovrapposizioni, usi, incertezze

Se al suo apparire il telefono era stato chiamato “telegrafo parlante”, la radio a sua volta fu prima chiamata “telegrafo senza fili”, poi “radiotelefono” o anche “radiotelegrafonia”, quindi “radioaudizione circolare” o “radiodiffusione”, solo da ultimo semplicemente, radio.
La non definizione del nome coincideva con l’incertezza rispetto al suo uso. L’invenzione di Marconi era stata salutata come uno dei grandi eventi con cui si concludeva il secolo del progresso; grazie a essa la comunicazione telegrafica poteva liberarsi dai “fili”, dall’obbligo cioè di stendere reti costose e non sempre possibili da realizzare. Anche le navi in mare, militari o mercantili, avrebbero così potuto mantenere collegamenti con la terraferma o con altre navi in transito. Non a caso il nome assegnato dal giovane Marconi, allora ventiseienne, alla sua prima compagnia, fondata nel 1897, era Wireless telegraph and signal company.
Ma il “telegrafo senza fili”, che tanti vantaggi aveva rispetto al telegrafo elettrico, aveva però un difetto: la comunicazione dei segnali Morse attraverso le onde radio non consentiva di inviare messaggi in modo sicuro e segreto da un punto a un altro, escludendo intercettazioni indesiderate.
 
 La “sicurezza” del telefono e la “pericolosità” della radiotelefonia

La Telegrafia senza fili, chiamata comunemente Tsf o, dopo la trasmissione dei suoni, anche “radiotelefonia”, poteva costituire una concorrenza per il telefono? “Finora, la radiotelefonia non ha servito quasi affatto a comunicazioni private” veniva affermato con sicurezza sulla rivista “Sincronizzando.. .” nel maggio 1923. “D’altronde, in tale applicazione, non presenta che un interesse minimo. La poca sicurezza di tali comunicazioni che possono, teoricamente, essere intercettate dal mondo intero, le rendono poco attraenti”. Né la soluzione del cifrario poteva essere presa in considerazione da un utente medio. Ciò nonostante, “in tutto il mondo cresce l’entusiasmo per la Tsf”. Il successo, secondo l’articolista, derivava dal basso prezzo degli apparecchi di ricezione, che in prospettiva si sarebbe sempre più abbassato, e soprattutto dalla facilità di uso (caratteristica che era anche del telefono) e d’installazione del mezzo. Questa “facilità derisoria” avrebbe comportato la “conseguenza fatale” che milioni e milioni di orecchie sarebbero state “giorno e notte”, a loro gradimento, “continuamente in ascolto di tutti i rumori, buoni e cattivi, che circolano sulla terra”. Questa era - nelle conclusioni - la prospettiva veramente pericolosa per l’umanità, implicita nella natura stessa della radiotelefonia, “che non ci è dato altrimenti chiamare che col vocabolo comunismo. Comunismo integrale, applicato non solo ad alcune classi della società, ma all’universalità di esse, tutte confuse in un’eguaglianza rigorosa, come negli strati della terra d’onde sono uscite”. Nonostante tale grave inconveniente, l’anonimo redattore non nascondeva il suo entusiasmo per la nuova tecnologia, che per il pubblico era “gioia, sana gioia, la più insperata delle gioie” e che avrebbe portato “intrattenimento e informazione all’operaio e al castellano, a chi è isolato nelle mura delle proprie case e a chi si raduna in piazza o nei locali pubblici”.
 
 Il precedente in casa: la telefonia circolare

La prima stazione radio a trasmettere regolari programmi radiofonici, di intrattenimento e informazione, fu nel 1920 l’americana Kdka sponsorizzata dalla Westinghouse. Fu uno straordinario successo. Nei due anni successivi negli Stati Uniti furono venduti due milioni di apparecchi riceventi e vennero rilasciate licenze per migliaia di stazioni trasmittenti. In Italia fece la sua apparizione la parola “broadcasting” in relazione alla “radiotelefonia” , e sui giornali comparvero foto di bebè e anziani, malati e fidanzati, assorti nell’ascolto dei programmi
radiotrasmessi, tutti rigorosamente con le cuffie in testa perchè allora così si ascoltava la radio.
Il successo e l’attenzione per il nuovo mezzo non erano però determinati dalla novità, in termini assoluti, di quella forma di comunicazione, quanto dalla “facilità” d’accesso e dalla qualità della comunicazione. Infatti, la cosiddetta “telefonia circolare” aveva già portato musica e informazioni oltre le mura domestiche.
Il primo esempio di telefonia circolare risale al 1881 quando, in occasione dell’Esposizione internazionale di elettricità, fu lanciato a Parigi il servizio del Theatrophone che permetteva agli abbonati, poche centinaia, di ascoltare, tramite il telefono, opere e concerti. Più successo ebbe successivamente a Budapest, con i suoi 6000 abbonati e con programmi di informazione e varietà, il Telefon Hirmondo, lanciato nel 1893.
Su imitazione del modello ungherese, nel 1910 fu inaugurato in Italia l’Araldo telefonico, che nel 1914 superò i 1.300 abbonati. Il servizio, interrotto durante la prima guerra mondiale, fu ripreso nel 1922 col nome di Fonogiornale, l’anno successivo subì una nuova trasformazione del nome, in Radioaraldo, e soprattutto nelle tecnologie. Fu infatti Radioaraldo ad aprire la prima stazione
radiofonica di Roma, con apparecchiature fornite dalla Western Electric Italiana, per le radioaudizioni circolari. Radioaraldo, insieme alle altre principali società della nascente industria radiofonica, confluì poi nell’Uri, a cui lo Stato nel 1924 per convenzione diede l’esclusiva dei servizi radiofonici in Italia. L’Uri nel 1928 prese il nome di Eiar, che nel dopoguerra diede vita alla Rai, azienda prima solo radiofonica e successivamente anche televisiva.
Anche il telefono, dunque, ebbe una non immediata definizione del suo “uso”. Si è affermato come strumento di comunicazione interpersonale ma per molti decenni fu utilizzato, con un relativo successo, anche come mezzo di comunicazione di massa.
 
 Il precedente in piazza: telefoni e altoparlanti

Un episodio in particolare aveva attratto l'attenzione internazionale. In occasione della cerimonia di tumulazione della salma del milite ignoto nel cimitero di Arlington, in Virginia, l'11 novembre 1921, si calcolava che 150.000 persone, riunite nelle piazze di Washington, New York e San Francisco, avessero potuto ascoltare contemporaneamente il discorso del presidente Harding. Il sistema di trasmissione che aveva reso possibile l'evento era basato su amplificatori collegati ai circuiti telefonici. Ma, come ebbe ad affermare un esponente della principale compagnia telefonica americana, il significato profondo del felice esito del risultato faceva passare in secondo piano l'attenzione per l'aspetto tecnologico dell'evento: "più importante ancora dell'aspetto scientifico fu il fatto che masse di popolo distanti seimila chilometri hanno potuto pregare, cantare e sentirsi a vicenda in unisono. Il risultato fu sublime e impressionante: l'emozione dei presenti non può essere tradotta in parole".
 
 Il sogno del “portatile”

Nell’estate del 1926 la rivista “Motion Pictures Today” diede notizia del nuovo apparecchio per trasmissioni radio-telefoniche propagandato dai fratelli Warner, i noti produttori cinematografici di Hollywood: la novità consisteva nelle dimensioni ridotte dell’apparecchio e che si trattasse di uno strumento “portatile”.
“Il primo passo è compiuto”, commentava con entusiasmo la rivista “I telefoni d’Italia” dando notizia della riuscita dimostrazione davanti a un folto pubblico.
Uno dei problemi della radio-telefonia era, infatti, quello di non disporre di apparecchiature trasmittenti di ridotte dimensioni. “La complessità dell’impianto di una stazione trasmittente -spiegava l’articolista italiano - ha quasi fatto disperare che si potesse avverare il sogno accarezzato da tecnici e amatori: la possibilità di trasmettere e ricevere un messaggio radio-telefonico da qualsiasi punto, servendosi di apparecchi tascabili. Certamente nessuno si illude che questi
apparecchi debbano essere tanto piccoli quanto un orologio, ma se si potessero ottenere, per esempio, apparecchi della grossezza di una comune macchina fotografica il successo e la possibilità di applicazioni sarebbero enormi e importantissime”.
Inesistenti, nel commento del giornale, appaiono i confini tra gli usi di tipo broadcasting e quelli di comunicazione interpersonale possibili attraverso la radio.
Questa "confusione" potrebbe essere una chiara prova del fatto che il "dibattito" intorno all'interpretazione del nuovo mezzo non si era ancora concluso, gli usi non erano stati ancora del tutto definiti.
Ma quel testo, in cui si vagheggia uno strumento portatile attraverso cui inviare e ricevere messaggi in voce, è anche una spia del fatto che il sogno del telefono cellulare, un sogno di “leggerezza” e “miniaturizzazione”, era presente ben prima della comparsa dei transistor e dei microprocessori, delle tecniche e dei materiali che avrebbero reso possibile la sua produzione solo a partire dagli anni Ottanta.
 
 Il “sublime” affratellamento fra radio e telefono

Gli usi diversi e non concorrenziali fra telefono e radio si definirono rapidamente già nei primi anni Venti. Il telefono fu lo strumento per la comunicazione interpersonale, che avrebbe usato le onde radio per le comunicazioni di lunga distanza, mentre la radio fu il mezzo del broadcasting, e cioè di una forma inedita di comunicazione di massa affermatasi con lo sviluppo parallelo di due nuove industrie: quella legata alla programmazione radiofonica, e quindi alle stazioni radio, finanziate dalle risorse della pubblicità in America e, parzialmente o interamente, dallo Stato in molti paesi d’Europa, e l’industria degli apparecchi radioriceventi, facili da installare e da utilizzare. In uno spazio intermedio continuò a esistere, e anche a proliferare sia pure senza particolare visibilità, il popolo dei radioamatori, che utilizzavano le onde radio sia per comunicazioni interpersonali sia in forma di broadcasting. Alla fine del secolo, come è noto, molti “usi” si sono significativamente “mescolati”: l’informatica e la telematica hanno infatti provocato nuove forme di “convergenza” e le stesse reti, utilizzando magari come terminale unico un computer collegato a Internet, consentono comunicazione interpersonale e comunicazione di tipo broadcasting, in forma di voce, suoni, scrittura, immagini. Il popolo dei radioamatori continua a esistere, ma molte delle sue pratiche sono passate al sempre crescente “popolo di Internet”. Le meraviglie degli anni Novanta non erano, questa volta, neanche nelle fantasie più ardite degli uomini dei primi decenni del secolo che nutrivano invece sentimenti di ammirazione, senso di riconoscenza, quasi religiosa gratitudine per quelle che erano allora le meraviglie delle nuove tecnologie: la radio affratellata al telefono. “Tra Telefono e Radio - si legge sulla rivista «Sincronizzando. . .» del luglio 1930 - vi è attrazione, solidarietà, voce di comune origine; si chiamano a vicenda e, accostati, si affratellano e insieme avanzano, nelle città e nelle campagne, per appagare in ogni creatura l’anelito al conoscere, al sapere, all’espansione, a quanto può illuminare con un raggio ideale la materialità e l’angustia del vivere quotidiano”. E più avanti: “Ed ecco il Telefono che stringe come in un grande anello di solidarietà tutte le case, servendosi del concorso della Radio per superare gli Oceani; ecco la Radio che apporta in ogni casa luce di sapere, di gioia, di eguaglianza e di dignità; ecco l’uno e l’altro solidali nell’opera intesa a togliere dall’isolamento, ad intensificare i rapporti, a rafforzare la bontà, a valorizzare il bene, ad ingentilire il costume ed a ravvivare il focolare domestico”. E’ una prosa esemplificativa di quell’atteggiamento, legato alla fiducia cieca nel progresso tecnologico abbinato all’uso dell’elettricità come risolutore di tutti i mali. Quell’atteggiamento, per il quale gli storici hanno coniato l’espressione di “sublime tecnologico”, ha caratterizzato parte del secolo XIX e i primi decenni del Novecento, anche se, a volte, sembra riemergere in alcune prose del nuovo millennio.

Nella rivista dei tecnici che fanno capo alla Direzione dei telegrafi e dei telefoni del Ministero...
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In questo articolo tratto da «Sincronizzando…», gennaio, 1923 si illustrano i progressi...
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Pagine illustrate con foto di utenti americani, di tutte le età, intenti all'ascolto...
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E' il resoconto della cerimonia per la tumulazione del milite ignoto in America. In quell'occasione...
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