Cosa è appeso alla spalliera della sedia della centralinista?
Un oggetto oggi non comune è appeso in bella evidenza alla spalliera della sedia della telefonista di Venezia Mestre. E’ il contenitore di una maschera antigas, altri simili ne vediamo a corredo di tutte le sedie della sala (foto n. 2).
La propaganda di regime affinché la popolazione civile acquisisse nozioni e strumenti per difendersi nel caso di un attacco aereo nemico con armi chimiche si svolse in Italia a partire dagli inizi degli anni ’30 e si intensificò durante la guerra d’Etiopia (nel corso della quale l’esercito italiano fece uso di armi chimiche proibite in violazione dei trattati internazionali) e soprattutto negli anni che precedettero lo scoppio della Seconda guerra mondiale. Quelle maschere, che durante il conflitto non furono mai usate (giacché nessuno dei paesi belligeranti fece uso di armi chimiche), nei fatti abituarono la popolazione a pensare che una prossima guerra (data quasi per inevitabile e per la quale ci si stava preparando) sarebbe stata una guerra “totale”, che cioè avrebbe coinvolto tutta la popolazione nazionale e non solo i soldati al fronte come nei conflitti precedenti.
Quando è stata scattata questa foto di Venezia Mestre che, come quella della centrale di Padova (n. 3), fa parte di un bellissimo “Album Telve” contenente immagini degli anni ‘30 e dei primissimi anni ’40? e a che scopo?
In assenza di informazioni specifiche possiamo fare solo delle ipotesi.
Potrebbe risalire al primo o al secondo anno di guerra, scattata con l’intento di dimostrare come il luogo di lavoro così cruciale per le comunicazioni fosse in perfetto ordine e adeguatamente dotato delle maschere come prescritto. Ma potrebbe anche essere una foto degli anni ’30, prodotta allo scopo di documentare l’acquisto delle maschere da parte dell’Azienda, come sollecitato dal governo attraverso circolari prefettizie a partire dal 1937 e dall’U.N.P.A. (Unione Nazionale Protezione Antiaerea). Le foto della STIPEL (n. 5) e della TETI (n. 6), che ritraggono un’impiegata e una telefonista con due diversi tipi di maschere, dovrebbero rispondere allo stesso scopo: documentare oltre che l’acquisto anche l’esercitazione effettuata. L’impiegata STIPEL indossa la prima maschera italiana ideata e prodotta per la popolazione civile, la maschera della telefonista è invece più evoluta e consente la fonia.
Per ritornare al dettaglio iniziale: la custodia della maschera è in metallo, ma altre sono in canapa (dettaglio della foto n. 6). Contengono maschere di diversi modelli, i cui principali produttori erano la Pirelli e la SAB (Società Anonima Bergamo).