In famiglia e negli spazi domestici

 Spine, design e privacy

Verso la fine degli anni Sessanta si diffuse l’abitudine di avere più spine telefoniche all’interno dello stesso appartamento. Il telefono nero tendeva oramai a scomparire, mentre architetti e costruttori avevano cura di predisporre tutti gli ambienti, delle nuove o ristrutturate abitazioni, almeno un punto telefono. Nuovi modelli furono commissionati a progettisti di fama. Il Grillo, prodotto nel 1965 dalla Siemens su progetto di Mario Zanuso e Richard Sapper, vinse il prestigioso riconoscimento del Compasso d’oro. Fu esposto al Moma di New York nel 1993. Anche il Cobra, del 1987, progettato da Pasqui e Pasini, fu vincitore del Compasso d’oro ed è oggi in mostra nelle esposizioni permanenti del Moma di New York e del Staatliches Museum für Angewandte Kunst di Monaco di Baviera.


Nel 1969 gli abbonati Sip erano quasi raddoppiati dall’inizio del decennio e superarono i 6 milioni, mentre un’abitazione su 8 disponeva almeno di un secondo apparecchio telefonico.
In quell’anno, come si legge nella Relazione del Consiglio di Amministrazione della Sip all’Assemblea ordinaria del 10 giugno 1970, le richieste di nuovi collegamenti erano state 778963, superiori del 21% a quelle del 1968.
La diffusione delle “spine” e il possesso di più telefoni nella stessa casa corrispondeva non solo a un più elevato tenore di vita ma anche a mutamenti nel costume, nelle relazioni familiari e tra le generazioni, nei modi di comunicare, nel modo di vivere gli spazi domestici, nei quali il telefono, ormai del tutto “addomesticato”, era una presenza assidua.
Un telefono in stanze diverse significava, infatti, anche maggiore privacy per i vari componenti della famiglia, compresi gli adolescenti. Si trattava, dunque, di un primo passo verso l’affermazione dell'idea del telefono come strumento “individuale” e “personale” di comunicazione, cosa che si sarebbe realizzato solo con la diffusione dei cellulari a partire dagli anni Novanta.
 
 Giovani generazioni e contese domestiche

Figlie del boom demografico e ormai lontane dalle ristrettezze dell’immediato dopoguerra, le giovani generazioni balzarono prepotentemente sulla scena degli anni Sessanta come protagoniste, in Italia e negli altri paesi dell’ Occidente industrializzato. Il Sessantotto e la contestazione studentesca fecero dei giovani un nuovo soggetto politico, che per la prima volta beneficiava della scolarità di massa e al tempo stesso poneva radicalmente in discussione gerarchie, autoritarismo e disfunzioni nella scuola e nella società. Ma quegli stessi giovani erano anche portatori di nuove mode, nuovi consumi, nuovi costumi. I motorini e la Cinquecento, per esempio, non furono solo uno straordinario successo dell’industria italiana, ma anche l’occasione per ragazzi e ragazze di incontrarsi e conoscersi lontano dal controllo degli adulti; in casa quella “libertà” era rivendicata
anche in un uso del telefono ritenuto “troppo disinvolto” dai genitori, preoccupati per le bollette salate, ma anche probabilmente inquieti per essere esclusi da quel fitto conversare dei figli.
  “Sto pensando di regalare a mio figlio per il suo compleanno un telefono - scriveva Luca Goldoni sulla rivista “Amica” nel marzo 1972 -. Chissà perché i ragazzi si lasciano dicendosi invariabilmente, ti telefono: sono appena usciti da scuola, hanno fatto la strada a piedi, lentamente, in gruppo fin quasi a casa, abbiamo appena aperto il tovagliolo e squilla il telefono. Le prime volte marito e moglie con la forchetta a mezz’aria si scambiavano suadenti ipocrisie, vai tu, sarà per te. Adesso non c’è più bisogno, scatta subito il ragazzino. E’ il primo contatto di un vertiginoso giro di telefonate (…). Da tempo ho smesso di dire ad amici e conoscenti di telefonarmi all’ora dei pasti: dico di telefonare nelle ore di scuola”. Lo scrittore descriveva, con la solita vena di umorismo, quella che era ormai una problematica gestione del telefono in casa.
“Abbiamo la casa piena di prese, giriamo da una camera all’altra portando in braccio il telefono. Spesso abbiamo anche due apparecchi, uno normale, l’altro fuoriserie, laccato di rosso o color senape e firmato da un designer, c’è anche chi ne ha tre, però la linea è una sola, quando trilla una, trillano tutti….”. Lo scrittore aveva pensato di risolvere il problema del figlio regalandogli non solo un apparecchio, ma anche l’abbonamento a una nuova linea.
Non molte famiglie, nonostante la campagna promozionale per la seconda linea, risolvettero la questione con la linea in più e la contesa per l’uso del telefono continuò a lungo.
L’arrivo del cellulare fu in molti casi l’occasione per una tregua: il telefonino individuale consentiva un’acquisizione di consapevolezza della spesa telefonica anche per i minori, oltre che la speranza di avere la linea del telefono fisso libera per le necessità di tutti.
 
 Usi del telefono: i compiti, la guerriglia, gli amori, la spesa

“Usurpatori del telefono a uso domestico” erano le giovani generazioni secondo un articolo pubblicato nell’ aprile 1971 sulla rivista “Selezionando”, a firma Gea Sandri. “La generazione dei giovani di oggi vive al telefono. Ha una derivazione in camera: se ne serve per tutti gli usi. (…). Il telefono è diventato il fulcro della vita familiare. Il figlio piccolo, ancora alle medie inferiori, vola come un falchetto sul telefono che in casa mia è stato ribattezzato “il fumante”, per tentare di risolvere con un compagno un irresolubile problema di geometria o tentare di svelare così il pauroso mistero dell’analisi logica di alcune frasi latine (…).
A livello liceale i compiti non si fanno più per telefono. Il telefono viene usato per interminabili discussioni socio-politiche tra ragazzi impegnati, per concertare azioni di guerriglia scolastica, programmi di assemblee e riunioni di gruppo. L’amore al telefono per i micro-rivoluzionari è accigliato, serio, difficile. Ottenere da un giovane impegnato l’uso del telefono è quasi impossibile. “Un momento - egli dice con impaziente degnazione a chi gli implora di chiamare il fornaio perché in casa manca il pane…”.
La rivendicazione dell’adulta richiamava a un più prosaico uso del telefono: quello che nella pubblicità di inizio secolo era indicato come uno degli usi “più propri”, ordinare la spesa per telefono. “A Milano il 30% delle donne fa la spesa per telefono. Le consumatrici romane seguono a ruota: il 29% alza la cornetta per ordinare pelati, prosciutto e pane. A Catania molte di meno, solo il 16 %”. Era questo il risultato di un’ indagine sulle abitudini d’acquisto della famiglia italiana, pubblicato sulla rivista “Selezionando” nel 1972.
A quella forma di consumo, nelle grandi come nelle piccole città, corrispondeva un sistema di distribuzione caratterizzato da medie, piccole o piccolissime botteghe alimentari. Il negoziante conosceva personalmente le clienti che ordinavano la spesa per telefono, si faceva garante della scelta dei prodotti, consegnati a domicilio da un qualche garzone, e a fine settimana o a fine mese si regolava il conto. Con l’avvento dei grandi supermercati, che grazie alle economie di scala riescono a vendere a prezzi più contenuti, quel modo di fare la spesa si è molto ridotto se non del tutto scomparso.
L’affermarsi dell’e-commerce, che sta introducendo novità nella distribuzione e nell’organizzazione delle vendite, forse consentirà anche il ripristino, con altro mezzo, dell’antica pratica dell’acquisto di frutta e verdura per telefono.
 

Da un depliant pubblicitario Sip del 1968, i nuovi telefoni in commercio con l’indicazione dei...
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