Testimonianze partigiane tra i telefonisti

Durante la Repubblica sociale (Rsi) il personale maschile e femminile delle società telefoniche che operavano nel Nord Italia si trovò a svolgere quotidianamente il proprio lavoro sotto lo stretto controllo di polizia, guardie repubblichine e  SS. Durante la guerra, infatti, e ancor più nei territori occupati dai nazisti, tenere il controllo della rete di telecomunicazioni era un aspetto fondamentale.


Alla Stipel, la società telefonica che svolgeva il servizio per le regioni Piemonte, Valle d’Aosta e Lombardia, i telefonisti erano tenuti sotto stretto controllo dalle autorità di polizia. Le telefoniste del servizio commutazione della sede di Torino, ad esempio, furono segnalate dalla Guardia nazionale repubblicana (Gnr) per i «discorsi di apprezzamento nei confronti dei partigiani e di aperta avversione alla Repubblica sociale italiana».
Alla Telve di Vicenza, la società telefonica delle Tre Venezie, drammatica fu l’entrata a lavoro delle telefoniste il giorno in cui i tedeschi presero possesso della sala di commutazione.
Alla Timo-Società telefoni Italia medio orientale di Parma, alcuni lavoratori telefonici ricordano ancora oggi l’attività clandestina svolta sotto il costante pericolo di essere individuati da parte delle SS.
 
Telefoniste Telve: fra di noi c’erano delle partigiane
Nella testimonianza di un’anonima telefonista della società telefonica Telve-Società telefonica delle Tre Venezie, apparsa il 4 giugno 2002 in un articolo de «Il Giornale di Vicenza» dal titolo Le telefoniste, si ricorda l'occupazione tedesca della centrale telefonica di Vicenza e l’arresto di alcune colleghe partigiane.
Tra i suoi ricordi più vivi, l’entrata dei tedeschi a Vicenza la mattina in cui doveva svolgere il primo turno di commutatrice: “quel che ci sorprese più amaramente, furono le pile a forma di “piramide” di bombe a mano, in piazza Castello ai piedi del nostro palazzo del Palladio, sede della centrale telefonica; ogni piramide era guardata da un soldato tedesco col mitra spianato. A noi centraliniste
lasciarono passare ed entrare negli uffici, ma quando giungemmo di sopra in sala commutazione, trovammo la caposala (che ora non c’è più) con le lacrime agli occhi, circondata da altri soldati tedeschi col mitra, che ci indicarono di sedere ai nostri posti di lavoro e si piantarono alle nostre spalle, chi col mitra, chi con le braccia incrociate e con un ghigno sprezzante sulla bocca, che non dimenticherò mai…”
 
 Tecnici telefonici partigiani alla Timo di Parma
Un articolo di Giancarlo Bocchi, pubblicato il 25 aprile 2008 in occasione dei 65° anniversario della Liberazione sul supplemento de «il Manifesto», ha descritto l’attività svolta dal gruppo partigiano della Timo di Parma, grazie al ricordo di due anziani ex telefonisti, Luigi Corsini e Franco Bolsi.
Il gruppo era riuscito a mettere in piedi una efficiente rete segreta d’ascolto delle comunicazioni naziste.
Nell’articolo dal titolo Le orecchie dei partigiani, si racconta la preziosa attività clandestina di raccolta di informazioni su fascisti e nazisti, di istanza a Parma, svolta da tecnici di centrali, apparecchiatori e permutatoristi in contatto con i servizi d’informazione partigiani.
La conoscenza delle apparecchiature telefoniche, ma anche la possibilità di muoversi nelle sedi degli occupanti per riparare i telefoni, consentì al gruppo di rilevare orari e abitudini dei tedeschi, intercettare telefonate tra i gerarchi fascisti di Parma e il duce e sabotare le linee telefoniche.
Tutte operazioni molto rischiose. Occorre tener presente, infatti, come ricorda uno di loro, che «c’erano sempre le SS sul portone e nei corridoi della centrale..».
La centrale telefonica era quella di via Valter Branchi, diventata dopo la Liberazione via Giordano Cavestro, partigiano compagno di Corsini e Bolsim morto fucilato all’età di 18 anni.