In Italia

L’evoluzione del mercato italiano nella direzione tracciata in ambito europeo ha avuto tre direttrici principali: l’adeguamento delle infrastrutture, l’attuazione delle normative per la diversa gestione e regolamentazione del settore e la privatizzazione.
Alla fine degli anni Ottanta lo scenario della competizione internazionale, diventato sempre più concreto e vicino, impose alla Stet un adeguamento e ammodernamento delle strutture per sostenere il confronto con le altre compagnie europee. Dopo le difficoltà che avevano caratterizzato la fine degli anni Settanta, dovute in parte al blocco delle tariffe voluto dal Governo, ripristinato l’equilibrio economico-finanziario, la Stet varò un piano di investimenti quinquennale (1988 - 1992), per un totale di 36.300 miliardi, chiamato non a caso Piano Europa. Gli obiettivi del Piano, ovvero l’allineamento agli standard europei di efficienza e qualità (fra cui la riduzione del tempo di attesa per l’accesso al servizio a poche settimane e una maggiore diffusione dei nuovi apparecchi a scheda per la telefonia pubblica), furono sostanzialmente raggiunti nei tempi previsti. Contemporaneamente era proseguito il processo di riorganizzazione delle diverse aziende del settore: nel 1992, in adesione alla normativa europea che prevedeva la separazione delle funzioni di regolazione dalle strutture operative, venne soppressa l’Azienda di Stato Asst e le sue attività furono acquisite da Iritel; nel 1994 dalla fusione di Sip, Iritel, Italcable, Telespazio e Sirm, nacque la società Telecom Italia.


 
Tim: nasce il primo operatore di telefonia mobile

Con un atto di scissione parziale da Telecom Italia, il 28 giugno 1995 nasceva TIM - Telecom Italia Mobile Spa, per la realizzazione, la gestione e lo sviluppo dei sistemi di telefonia mobile (radiomobile Gsm, radiomobile Tacs, radiomobile di avviso personale, evoluzione tecnologica del Gsm). Nell'ottobre dell’anno successivo Tim lanciava sul mercato la "Tim card", la prima carta telefonica prepagata e ricaricabile per la rete Gsm. L'innovazione segnava l'inizio di una straordinaria e inaspettata diffusione commerciale della telefonia mobile che coinvolgeva larghe fasce della popolazione giovanile.
Le tappe dell’affermazione del Gsm in Italia erano iniziate dal 1987, quando 13 Paesi europei, tra cui l’Italia, sottoscrissero il MoU (Memorandum of Understanding) per l’introduzione della rete digitale. Il Gsm fu attivato in Italia dalla Sip a partire dal 1992.
Uno degli elementi che, secondo gli analisti, ha contribuito ad ampliare a dismisura il consumo degli italiani nel mercato del radiomobile è stata l’invenzione “rivoluzionaria” delle soluzioni ricaricabili, che hanno aperto la fascia del mercato cosiddetto “a consumo”. La prima azienda al mondo ad aver introdotto la ricaricabile, aprendo le porte a questo mercato inesplorato, è stata proprio la Tim, alla quale è stato assegnato il premio delle aziende di servizi radiomobili di tutto il mondo: il GSM World Award per la TIMCard come il più grande successo di marketing del 1996 e l’idea più innovativa nel settore.
Partiti “in sordina”, ma destinati a riscuotere un clamoroso successo, sono stati i messaggi di testo Sms: lanciati nel ’98, prima per il solo Gsm poi anche per il Tacs, sono stati inizialmente un vero e proprio fenomeno di costume studiato da sociologi e antropologi di tutto il mondo, poi sono entrati nella quotidiana pratica di comunicazione di giovani e meno giovani.
Gli Mms (messaggi multimediali) furono lanciati da Tim in Italia nel giugno 2002. Altra tappa fu il Gprs, un’innovazione lanciata tra il 2000 e il 2001, prima per le aziende e poi per il mercato di massa; ha aperto la strada all’uso massiccio dei cosiddetti Vas (Value added services, Servizi a valore aggiunto), come i messaggi multimediali, i giochi, la navigazione in Internet. I Vas sono oggi una delle maggiori fonti di ricavi per gli operatori di telefonia mobile.
 
 La privatizzazione di Telecom Italia

Dopo un lungo dibattito sull’assetto ottimale del mercato italiano delle telecomunicazioni e sulle modalità di privatizzazione della Stet, il Governo italiano, nel 1997, scelse di preservare l’integrità aziendale del gruppo formato da Telecom Italia, Telecom Italia Mobile e delle altre società controllate.
La dismissione in blocco della Stet fu articolata in tre fasi: il passaggio del controllo della Stet dal Gruppo Iri al Tesoro; la fusione di Stet e Telecom Italia nella “nuova” Telecom Italia; la vendita sul mercato di quest’ultima.
La vendita del pacchetto detenuto dal Tesoro avvenne attraverso un’Offerta Pubblica di Vendita, nell’ottobre 1997, con l’obiettivo di indirizzare il collocamento delle azioni verso il più vasto numero di risparmiatori. La Opv fu anche preceduta dal collocamento mediante trattativa diretta di circa il 6,8% delle azioni a un gruppo di azionisti, al fine di creare un “nucleo stabile”, costituito prevalentemente da banche, fondazioni bancarie, società assicurative e finanziarie italiane. Nello
statuto della nuova Telecom Italia venne anche introdotta un’azione privilegiata (golden share) riservata al Tesoro con particolari poteri di veto, per impedire o rendere difficile la possibilità che il controllo dell’azienda fosse acquisito dall’esterno mediante una “scalata ostile”.
La cessione da parte del Tesoro complessivamente del 39,5% del capitale di Telecom Italia ha fatto conseguire un ricavo lordo di 22.883 miliardi di lire: è stata fra le maggiori Opv mondiali che hanno portato a una privatizzazione. Telecom Italia è diventata così la prima pubblic company italiana, ovvero una società per azioni ad azionariato diffuso. Nel dicembre 2002 il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha ceduto anche la restante quota del 3,46% ancora in suo possesso.
 
 L’Autorità delle Telecomunicazioni

Un corollario della liberalizzazione è stato, in Italia come in quasi tutti gli altri paesi, la creazione di nuove istituzioni statali con funzioni di regolazione e controllo del settore. In Italia l’ “Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e norme sui sistemi delle telecomunicazioni e radiotelevisive”, comunemente detta l’Authority delle Tlc, è stata istituita nel luglio 1997.
Il compito dell’Autorità è quello di promuovere la concorrenza e di vigilare e risolvere possibili controversie fra le aziende e fra le aziende e i consumatori.
Nella fase iniziale di apertura alla concorrenza, la sua attività ha avuto soprattutto due grandi obiettivi: 1.far sì che la competizione fra i diversi operatori - “l’incumbent”, ovvero quello già presente sul mercato che ha spesso “una posizione di notevole forza”, e i “new comers”, ovvero i nuvi arrivati - avvenisse in modo equo per tutti, vigilando sui prezzi, sull’eliminazione di barriere all’ingresso di nuove aziende, su uguali incentivi a investimenti in infrastrutture e reti; 2. assicurare che i benefici della concorrenza - e cioè la diversificazione dei servizi e delle offerte, un generale abbassamento dei prezzi, la personalizzazione delle formule commerciali, in altre parole la libertà di scelta - raggiungessero la maggior parte dei consumatori, senza discriminazioni.
 
 Il ruolo dell’Autorità

Dal 1998 l’Autorità ha svolto un’azione importante, toccando aspetti fondamentali per il corretto funzionamento del mercato. Tra questi, le regole per le assegnazioni delle licenze, ultime delle quali le modalità della gara che hanno portato alla designazione dei quattro operatori per la fornitura del servizio Umts. Fra le altre questioni affrontate dall’autorità: il controllo su alcuni prezzi dell’operatore ex-monopolista Telecom Italia, attraverso il meccanismo del Price cap; la regolamentazione del servizio universale, per definire esattamente il costo di questo servizio, oggi erogato da Telecom Italia, e la sua eventuale ripartizione fra i diversi operatori; la portabilità del numero fisso e la carrier preselection e selection, cioè la possibilità di selezionare anticipatamente o prima di ogni singola telefonata il gestore che si vuole utilizzare; l’interconnessione, cioè il collegamento fra due reti telefoniche, con la possibilità da parte del nuovo operatore di “transitare” sulla rete dell’operatore dominante.
Tra i temi di attualità, per fare solo qualche esempio: la portabilità del numero anche per il servizio mobile, cioè la possibilità di cambiare l’operatore senza per questo modificare il proprio numero di cellulare, e l’unbundling of the local loop (letteralmente l’accesso disaggregato alla rete locale, il cosiddetto “ultimo miglio”), cioè gli accordi commerciali e tecnici grazie ai quali un operatore affitta dall’operatore proprietario la parte finale delle rete telefonica, che porta dalla centrale all’abitazione, divenendo così il diretto e unico riferimento per il cliente.
Oltre alle questioni legate al settore delle telecomunicazioni, l’Autorità interviene anche su temi connessi all’editoria elettronica e al settore radiotelevisivo, giacché il legislatore italiano nel costituire questa nuova istituzione ha prospettato un’evoluzione della tecnologia in direzione della “convergenza” fra settori delle telecomunicazioni, dell’editoria e dell’audiovisivo.
 
 Il Ministero delle Comunicazioni

Con la legge istitutiva dell’ “Autorità” sono state ridefinite le competenze del governo in materia di telecomunicazioni. Spetta al Ministero di competenza indicare le politiche nel settore delle comunicazioni e delle tecnologie dell’informazione; procedere all’adeguamento periodico del servizio universale delle telecomunicazioni; predisporre il piano nazionale di ripartizione
delle frequenze e relativo coordinamento internazionale; sovrintendere al settore della radiodiffusione sonora e televisiva e delle telecomunicazioni, con particolare riguardo alla concessione del servizio pubblico radiotelevisivo e ai rapporti con il concessionario; rilasciare e gestire le autorizzazioni generali per l’offerta di reti e servizi di comunicazione elettronica; verificare l’adempimento degli obblighi di servizio universale nel settore delle telecomunicazioni.
Fra gli obiettivi del Ministero in tema di telecomunicazioni, si segnala la predisposizione di programmi d’azione al fine di armonizzare nell’ambito comunitario la regolamentazione del settore, rendendola più snella e flessibile, creando un quadro normativo valido per tutti i tipi di reti e servizi.
Attualmente le competenze del precedente Ministero delle Comunicazioni sono passate al Ministero per lo Sviluppo Economico, che le esercita attraverso un apposito dipartimento denominato “Dipartimento per le comunicazioni”.