Negli USA e in Europa

Con il termine “deregulation” si indica la fine dei regimi di “monopolio regolato”, sia di azienda privata che di società pubblica. La gestione dei servizi di pubblica utilità, come quelli per l’erogazione di energia elettrica e di gas naturale, i servizi postali, quelli telegrafici e telefonici, nella maggior parte dei paesi industrializzati, soprattutto a partire dal primo dopoguerra, fu affidata a grandi compagnie, private o pubbliche, che esercitavano, per legge o di fatto, il monopolio. Si riteneva che solo una grandissima compagnia potesse attuare gli investimenti necessari per il mantenimento di sistemi complessi e per la distribuzione di servizi in aree vaste.
Nel corso degli anni Ottanta in Gran Bretagna e negli Stati Uniti prevalsero orientamenti economici di tipo marcatamente liberista, secondo i quali, in presenza di sistemi tecnologici maturi e di un mercato saturo, non c’era più alcuna ragione di mantenere o favorire regimi di monopolio, che erano diventati nel frattempo un ostacolo per un’ulteriore espansione e propulsione nel settore delle telecomunicazioni.
Si ritenne infatti che un mercato liberalizzato, e cioè aperto alla piena concorrenza, avrebbe prodotto l’abbassamento dei prezzi dei servizi a vantaggio degli utenti, accresciuto l’efficienza delle strutture riducendo i costi e stimolato l’innovazione.


 
La rottura dei monopoli

Negli Stati Uniti, il 1984 segnò la fine del monopolio dell’AT&T, il colosso delle telecomunicazioni fondato ai tempi di Alexander Graham Bell, e la nascita di sette compagnie telefoniche regionali, le Baby Bell, a cui inizialmente fu imposto il limite di operare solo localmente. La piena liberalizzazione del settore si ebbe nel 1996 con il Telecommunication Act.
In Europa, fu British Telecom a sperimentare per prima, nel 1985, la rottura completa del proprio monopolio, dopo una fase di duopolio. Il processo di liberalizzazione del mercato britannico è stato sostanzialmente completato nel 1999 e concluso del tutto alla fine del 2000, con l’estensione a tutti i servizi.
In Inghilterra il processo fu accompagnato dalla contemporanea istituzione di un'autorità di controllo e di regolamentazione del settore: l’Office of Telecommunications (Oftel). In America la Federal Communications Commission, autorità di controllo e regolamentazione, era stata istituita con il Communication Act del lontano 1934.
 
 Il ruolo dell’Unione Europea

Nel vecchio continente l’Unione Europea rappresenta l’attore che ha guidato il lungo processo di liberalizzazione delle telecomunicazioni, anche se il recepimento e l’applicazione delle direttive nei paesi membri ha avuto tempi diversi. La costruzione dell’attuale scenario è stata messa a punto nel corso degli anni. Data ufficiale di partenza può essere considerata il novembre 1987 con la
pubblicazione del Libro verde sulla liberalizzazione delle telecomunicazioni.
Il Libro indicava una serie di proposte per la graduale liberalizzazione del mercato delle
telecomunicazioni, cominciando dai servizi accessori e dai terminali; fra gli aspetti più significativi, sanciva la necessità di separare l’attività di regolamentazione da quella di gestione dei servizi di telecomunicazione.
Altre tappe significative furono rappresentate dalle due direttive del giugno 1990. La prima era relativa alla cosiddetta Onp (Open network provision), per la realizzazione della fornitura di una rete aperta di telecomunicazioni. L’obiettivo era quello di realizzare una rete aperta per quei soggetti che avevano intenzione di fornire servizi di telecomunicazione utilizzando le infrastrutture di organismi che detenevano diritti speciali o esclusivi. Per raggiungere tale obiettivo la direttiva
prevedeva l’armonizzazione delle condizioni per l’accesso e l’uso libero ed efficace delle reti e dei servizi pubblici di telecomunicazioni.
La seconda direttiva liberalizzava tutti i servizi a esclusione della telefonia vocale, dei servizi radiomobili e satellitari.
I tempi di recepimento delle direttive sono stati diversi da paese a paese.
 
 L’esemplare successo del Gsm

Un buon esempio dei risultati positivi ottenuti dalle azioni europee degli anni Ottanta, sia nel sostegno alla ricerca tecnologica sia nella regolamentazione delle telecomunicazioni, è stato offerto negli anni Novanta dalla telefonia mobile digitale e dallo standard Gsm.
Le caratteristiche tecniche del Gsm, così come la convalida e i collaudi, sono stati infatti realizzati nel quadro dei progetti di ricerca comunitari e il sistema, lanciato nei primi anni Novanta quale standard per le comunicazioni paneuropee, è stato seguito nel 1996 con la liberalizzazione del mercato della telefonia mobile nell'Unione Europea.
L’effetto combinato di uno standard di alta qualità e l'instaurazione di un regime di effettiva concorrenza è fra i motivi all’origine della diffusione estremamente rapida del Gsm, che ha finito per imporsi quale standard mondiale e non solo europeo.
In Italia il GSM fu introdotto dalla Sip nel 1992.
 
 Il Libro bianco del 1993 e il Rapporto Bangemann

Nel libro bianco del 1993, intitolato Crescita, competitività, occupazione, fu espressa la visione strategica della Cee rispetto alla “società dell'informazione”. Le tecnologie dell’informazione e della comunicazione erano indicate come il nuovo motore di crescita economica, competitività, nuova occupazione e migliore qualità della vita per tutti i cittadini europei.
La successiva relazione dal titolo L'Europa e la società dell'informazione globale, nota come “Rapporto Bangemann”, conteneva una serie di raccomandazioni, fra cui: la piena liberalizzazione dei servizi e delle infrastrutture nel campo delle telecomunicazioni, attuata nel 1998; il riorientamento dei programmi di ricerca sulle tecnologie dell’informazione e della comunicazione; l'integrazione della nuova dimensione della società dell'informazione in tutte le politiche comunitarie attinenti.
Nella Review 1999, l’attenzione fu soprattutto rivolta alla convergenza tra settori, mercati e tecnologie, nel campo delle telecomunicazioni, dell’audiovisivo e delle tecnologie dell’informazione.
 
 La strategia di Lisbona e la “società dell’informazione”

Durante il Consiglio europeo di Lisbona del marzo 2000 l’Unione europea si prefissò un nuovo obiettivo strategico per il nuovo decennio: “diventare l'economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale”. Per raggiungere tale obiettivo fu definita una linea strategica, nota come “strategia di Lisbona”, che poneva tra le sue finalità principali lo sviluppo di un'economia e una società basate sulla conoscenza, da realizzare attraverso il miglioramento delle politiche in materia di società dell'informazione e  accelerando il processo di riforme strutturali ai fini della competitività e dell'innovazione.
Per realizzare questo obiettivò fu approvato, durante lo stesso Consiglio europeo, l’iniziativa intitolata eEurope – an information society for all. Essa prevedeva il raggiungimento di tre obiettivi principali: completare il passaggio verso l’era digitare, garantire a tutti l’accesso a Internet (inclusività sociale), sostenere una cultura imprenditoriale aperta alla tecnologia dell’informazione.
Per realizzare questi obiettivi la Commissione europea adottò il piano d’azione eEurope 2002, approvato dal Consiglio europeo di Feira nel giugno 2000. Esso intendeva in particolare promuovere l’uso di Internet stimolando un accesso alla Rete più economico, veloce e  sicuro.
Il successivo aggiornamento del piano d’azione, il piano eEurope 2005, fu presentato al Consiglio europeo di Siviglia nel giugno 2002 e si concentrava in particolare sullo sviluppo della banda larga a prezzi competitivi e su un miglior uso della tecnologia dell’informazione negli uffici pubblici.
Nel giugno del 2005 la commissione fissò il nuovo quadro strategico che definiva gli orientamenti di massima per la società dell’informazione e i media, l’iniziativa i2010. Il nuovo quadro strategico era imperniato su tre priorità: la realizzazione di uno spazio unico europeo dell’informazione che incoraggiasse un mercato interno aperto e competitivo per la società dell’informazione e i media, il rafforzamento dell’innovazione e dell’investimento nella ricerca per quanto concerne le tecnologie dell’informazione e della comunicazione (Tic), la promozione di una società europea dell’informazione fondata sull’inclusione che desse priorità al miglioramento dei servizi pubblici e della qualità della vita.
Un esame intermedio dell’iniziativa i2010 è stato presentato al Parlamento europeo nel 2008 con la comunicazione Preparing Europe’s digital future. i2010 Mid-Term Review.
In preparazione è la nuova iniziativa Ue per la società dell’informazione, prevista per la primavera 2010.