I notturnisti

Alle sette entravano le operatrici dei centralini, alle otto gli operai, alle otto e mezzo gli impiegati, alle ventidue era la volta dei notturnisti, che occupavano i posti delle “signorine” fino al giorno dopo. Dei “notturnisti” non c’è traccia nei principali dizionari della lingua italiana, anche se il termine è del tutto ordinario nella lingua comune per indicare quei lavoratori che svolgevano il turno di notte, nelle fabbriche a ciclo continuo come anche nelle società telefoniche. Erano dipendenti maschi. La rigida suddivisione di genere tra operatrici telefoniche diurne e notturnisti rispondeva agli obblighi previsti dalla legge n. 818 del 10 novembre 1907, il primo Testo Unico emanato in Italia per difendere le donne da condizioni di sfruttamento sul lavoro, che vietava o comunque limitava il lavoro notturno femminile.


 
Dal 1907 al 1977: leggi, contratti e divisione per genere

Nel settore della telefonia, le prime direttive con valore di legge, elaborate sulla base di una contrattazione nazionale fra aziende private e sindacati, ed entrate in vigore il 19 aprile 1922, includevano esplicitamente la limitazione del lavoro femminile notturno indicando che “il lavoro notturno non potrà essere disimpegnato da personale femminile che in via eccezionale e quando sia impossibile prevedere altrimenti”. I documenti allegati a quelle disposizioni dimostravano, tuttavia, che l’uso “eccezionale” era una pratica ordinaria in alcune società del Nord Italia, come ad esempio quelle che operavano per le reti di Cremona e Mantova, dove il servizio di commutazione notturna veniva svolto da una donna. In altre società, invece, operavano già i telefonisti notturni, inquadrati contrattualmente nella categoria degli operai, mentre le operatrici diurne appartenevano a quella delle “telefoniste e contabili”. E’ quanto risulta, ad esempio, per la rete telefonica di Casale, in Piemonte, gestita dalla Società “Ing. Bormida”. Il termine “notturnisti” compare nel contratto collettivo Teti del 1934: il personale di commutazione è diviso tra “operatrici” e “telefonisti notturni”, per i quali nel corso del testo viene utilizzato il temine “notturnisti”. Anche nel contratto collettivo Stipel del 1945 si fa riferimento ai “notturnisti” inquadrati fra il “personale di commutazione e servizi speciali” nella categoria 3-A1, insieme agli amministrativi e dattilografi. Chi lavorava di notte aveva una maggiorazione dello stipendio del 30% rispetto a chi lavorava di giorno.
Una svolta decisiva fu la legge n. 903 del 9 dicembre 1977, che rese obbligatoria la parità di trattamento sul lavoro tra uomini e donne: anche le donne avrebbero potuto lavorare di notte, percependo le stesse retribuzioni degli uomini.
 
 I notturnisti supplenti: studenti e impiegati

Tra gli anni Cinquanta e Sessanta tra i notturnisti si riscontrava la presenza di molti studenti universitari, assunti generalmente con la qualifica di “notturnista supplente”. Il loro lavoro era limitato a due ore, dalle 22 alle 24, l’ultima fascia oraria che registrava ancora un flusso consistente di chiamate in centrale e che richiedeva quindi una maggiore presenza di personale.
Come risulta dalle carte Stipel, il notturnista supplente veniva ricercato preferibilmente tra studenti universitari, alla ricerca di un part time per mantenersi agli studi, e  tra gli impiegati di ruolo dello Stato, che avevano così la possibilità di arrotondare lo stipendio. Ricorrendo a chi era già impiegato, l’azienda era esonerata dall’obbligo di versare i contributi Inps, Inam e Ina-Casa. Il livello di istruzione dei notturnisti era dunque piuttosto elevato. Ad esempio, negli anni 1960-1961, da un’analisi delle domande di assunzione presso la centrale interurbana di Torino, su 33
aspiranti notturnisti, con un’età media di circa 23 anni, tutti i candidati, tranne uno, risultavano in possesso del diploma di scuola media superiore, e ben 9 di essi dichiaravano di frequentare l’università. Alle figure del notturnista ordinario e del supplente si aggiungeva quella dei “notturnisti complementari”, destinati a sostituire i titolari.
 
 Al centralino, ma non solo

I “notturnisti”, come le operatrici telefoniche diurne, erano l’elemento centrale dei servizi legati alle comunicazioni interurbane (fino al 1970, anno in cui fu completata la teleselezione nazionale) e ai “servizi speciali” (sveglia, ora esatta, informazioni elenco abbonati, chiamata taxi, informazioni sportive, ecc..), in rapida espansione a partire dagli anni Cinquanta. Essi, inoltre, venivano impiegati per il quotidiano lavoro di aggiornamento degli elenchi telefonici: ogni notte, sulla base di un documento stilato manualmente e fornito dall’allora “commerciale”, i notturnisti dovevano cancellare dall’elenco base gli utenti traslocati o cessati e compilare contemporaneamente un nuovo elenco “aggiuntivo” contenente le nuove posizioni. Tutto ciò fino alla fine degli anni Sessanta, quando gli archivi cartacei furono sostituiti da un sistema automatico prima e informatizzato poi. A Torino, nel 1960, mentre le telefoniste diurne addette alla commutazione erano 187 e 133 quelle dei servizi speciali, i notturnisti che operavano nell’intera centrale erano 33.