Tra i primi nel mondo
Eletto fin dalla sua comparsa fra i prodotti più rappresentativi dei nuovi stili di vita degli italiani, il telefono mobile conobbe nel nostro Paese una fortuna imparagonabile al confronto con altri grandi paesi europei. A fine 1991, con 560.000 abbonati, più che raddoppiati rispetto all’anno precedente, l’Italia vantava il più alto tasso di crescita in Europa. Al primo gennaio 1994, la Sip, con 1.200.000 abbonati, era il primo gestore di telefonia mobile in Europa. Nel 1998, secondo dati diffusi dall’agenzia Ansa, l'Italia si piazzava ai confini della “top ten” del mondo per consumo di telefonini, dopo il nord Europa, le “tigri Asiatiche”, l'Australia e quasi agli stessi livelli degli Stati Uniti.
Per la precisione, l'Italia si collocava al sesto posto nella classifica europea per tasso di penetrazione, dopo i paesi del nord Europa (in assoluto primi, con rapporti quasi di un telefonino ogni due abitanti, lattanti compresi); nel raffronto mondiale si contendeva l'undicesimo posto con gli Stati Uniti (circa 21%), dopo Israele (balzato a quasi il 39% di penetrazione), Hong Kong (35,23%), Australia (circa il 28%), Singapore (quasi 26%), Giappone (oltre il 23%). Tra i paesi che precedevano l’Italia, alcuni, come la Svezia e l’Australia, erano caratterizzati da grandi estensioni territoriali e scarsa densità demografica; altri, come Giappone, Hong Kong, Singapore, Usa, da un alto consumo di tecnologia. A cosa doveva il nostro Paese, che non rispondeva a nessuna di queste caratteristiche, una densità tanto alta da porlo ai vertici della classifica mondiale, a netta distanza da altri paesi europei come Germania, Francia e Spagna? “Chiamano la mamma tre volte al giorno, si sdilinquiscono con la fidanzata, comunicano la propria posizione ad amici e parenti ogni volta che superano un incrocio”. Così, non senza ironia, il “New York Times” del 5 agosto 1999, cercava di spiegare la “smodata passione” per il cellulare degli italiani, innamorati a tal punto dello strumento da “chiamarlo affettuosamente telefonino''. Secondo autorevoli sociologi e semiologi - proseguiva l’articolo - il cellulare era in Italia l'estensione tecnologica di una naturale propensione alla comunicazione. In Germania, Inghilterra e negli stessi Stati Uniti se ne faceva un uso molto più limitato semplicemente perché gli utenti ''non sapevano chi chiamare ''.
Nel 1999 il numero dei cellulari ha superato in Italia quello dei telefoni fissi. Un impulso alla straordinaria diffusione della telefonia mobile era stato dato dall’introduzione, nel 1996, della Tim Card, la prima carta prepagata “ricaricabile” per i cellulari Gsm. La possibilità di evitare la spesa fissa dell’abbonamento, limitando preventivamente il costo, posto così sotto controllo, insieme alla diminuzione dei prezzi degli apparecchi, favorirono sicuramente la diffusione del cellulare tra tutti gli strati sociali e tra tutte le fasce di età.
La diffusione nelle famiglie
I consumi e le condizioni di vita delle famiglie europee sono stati annualmente monitorati, a partire dal 1997, da Eurostat. L’indagine relativa al consumo dei beni durevoli prende in esame sei diversi oggetti tecnologici: lavastoviglie, condizionatore d’aria, fax, segreteria telefonica, telefono cellulare, personal computer. In Italia il telefono cellulare risulta di gran lunga il “bene” più diffuso nelle famiglie, seguito a distanza, dalla lavastoviglie e dal personal computer, quest’ultimo con tassi di incremento inferiori solo al cellulare. Secondo il Rapporto annuale 2000 dell’Istat, quasi il 65% delle famiglie possedeva un cellulare; nel 1997 erano il 27,3%. Era in aumento la quota di famiglie con telefono fisso e cellulare (dal 25,3% al 56,4%), ma anche quello delle famiglie con 2 cellulari (passate dal 16,9% al 31,1%), con 3 cellulari (dal 2,4% al 8,5%) e con 4 o più cellulari (dallo 0,4% al 3%). Ai primi posti si collocavano le famiglie costituite da coppie con figli (85,2%) e quelle composte da un solo genitore e almeno un figlio (73%). In assoluto erano sempre le coppie con figli a sostenere la spesa media mensile più consistente per la bolletta telefonica. Gli anziani soli o in coppia erano le tipologie che spendevano meno.
Da status symbol a utensile “democratico”
Nel 1997, secondo il Rapporto Istat, erano ancora 7,7% le famiglie italiane completamente isolate, prive cioè di telefono fisso o cellulare. Questa percentuale si è ridotta al 4,9% nel 2000. Ma il dato più significativo è che nello stesso periodo è aumentato (da 1,6% al 7,8%) il numero di famiglie che al telefono di casa ha preferito, come unico mezzo di comunicazione, il telefono cellulare. In soli tre anni la sostituzione della telefonia fissa con la mobile si è dunque quadruplicata. La scelta a favore del solo cellulare è stata particolarmente accentuata nel Mezzogiorno, cioè in quella parte del Paese tradizionalmente più arretrata in termini generali e in quanto a densità telefonica. Il cellulare, inizialmente introdotto come status symbol, adeguato allo stile degli yuppie, come si chiamavano i giovani rampanti, può probabilmente essere oggi considerato come uno dei beni tecnologici più “democratici”, accessibile ai ceti meno abbienti, compresi i nuovi lavoratori immigrati. Essere “connessi” alla rete di telecomunicazione, com’è noto da tempo, non è più un lusso ma una necessità. In situazioni di precarietà, essere “fuori” da quella rete implica un aggravamento della condizione di disagio, isolamento ed emarginazione.