Un aspetto di modernità proprio delle società industriali avanzate è riconosciuto nell’uso, oltre che nella disponibilità, di tempo libero per settori sempre più vasti della popolazione. Di "tempo libero" si cominciò a parlare in Italia negli anni Venti dopo la riduzione della giornata lavorativa a otto ore e l’introduzione del principio delle ferie.
La Sip (Società idroelettrica Piemonte), che sotto la guida dell’ingegnere Gian Giacomo Ponti si era organizzata traendo grande ispirazione dai modelli manageriali americani dell’epoca, fu tra le prime aziende italiane ad attivare un programma articolato di servizi sociali in favore dei dipendenti.
Il Gruppo sportivo Sip
Il Gruppo sportivo Sip venne fondato nel 1924. Suoi principali obiettivi erano quelli di organizzare il tempo libero dei dipendenti e cementare in loro il sentimento di appartenenza aziendale.
In quasi tutte le principali città in cui operavano le tre concessionarie telefoniche Stipel, Telve, e Timo furono create sezioni del Gruppo sportivo; tra le più importanti vi erano sicuramente quelle di Torino, Milano, Bologna e Venezia.
L’attività agonistica del Gruppo sportivo funzionava tramite il lavoro di commissioni tecniche, le quali avevano il compito di curare e seguire gli allenamenti degli iscritti alle varie sezioni sportive, di incentivare l’aumento del numero dei partecipanti e di favorire una sempre maggiore partecipazione dei "colori aziendali" anche alle competizioni sportive extra-aziendali.
Esisteva inoltre un Consiglio Direttivo cui spettava l’onere di organizzare e indire i campionati sociali nelle varie discipline.
Per incoraggiare gli allenamenti e premiare i soci più assidui furono istituite gare a premi che prevedevano l’assegnazione di coppe, medaglie d'oro e d'argento, e oggetti sportivi di vario tipo. Il regolamento delle gare e la qualità dei premi venivano comunicati con appositi avvisi a tutti i dipendenti.
Il Dopolavoro aziendale Sip
Nel luglio del 1927, con ordine di servizio n. 18, una delibera del consiglio di amministrazione del Gruppo Sip approvava il progetto di costituzione di un Dopolavoro aziendale (Das), adeguandosi così alle indicazioni del governo di Mussolini che aveva istituito l’Opera Nazionale Dopolavoro (Ond) nell’aprile del 1925, decisione ratificata con Decreto Regio proprio il 1° maggio di quell’anno.
La parola "dopolavoro" era stata inventata e introdotta per la prima volta in Italia, nel 1919 dall'ingegnere torinese Mario Giani, ex dirigente della Westinghouse Corporation di Vado Ligure, il quale attraverso un’intensa opera di propaganda si era prefisso l’obiettivo di far conoscere agli imprenditori italiani le soluzioni che al problema del tempo libero erano state date nei paesi industriali più avanzati, in particolare negli Stati Uniti. Secondo Giani, il dopolavoro era un servizio sociale aziendale a favore del loisir che avrebbe potuto promuovere la concordia tra i lavoratori e la direzione, facendo aumentare così la disciplina di fabbrica e la lealtà aziendale, e che avrebbe esteso l'influenza dell'azienda nella comunità.
Svariate erano le iniziative proposte dai Das istituiti presso numerose sedi del Gruppo elettrico e telefonico e rivolte a circa 6.000 dipendenti: colonie estive per i figli dei dipendenti, serate danzanti, gite sociali, competizioni atletiche, rappresentazioni teatrali, distribuzione di "pacchi dono", ecc.
Una sistematica attività d’informazione sulle iniziative dopolavoristiche era contenuta proprio nella rivista aziendale “Sincronizzando” che, con articoli e fotografie, tra il 1922 e il 1930, mensilmente dava conto di quanto veniva organizzato presso le varie sedi aziendali.
Il successo del progetto Sip era visibile nell’elevato livello di adesione al Das, che nel 1930 poteva contare su 4.241 iscritti, circa il 70% del personale.
Le attività del dopolavoro Sip erano parte di un ampio progetto attuato attraverso strumenti diversi di coinvolgimento del personale: il giornale aziendale («Sincronizzando…»), fondato nel 1922, il Gruppo sportivo nel 1924, il piano di pensioni rivolte ai dipendenti nel 1925, le colonie per i bambini dal 1927.
Le colonie marine
Le colonie marine, nate nell’Ottocento come iniziative destinate ai bambini più poveri, erano state espressione di una filantropia fondata sulla cosiddetta "religione laica", ovvero sulla certezza che il progresso dovesse assicurare felicità e benessere a strati sempre maggiori della popolazione e che la pace sociale avrebbe condotto alla redenzione delle plebi.
Dopo la guerra furono in prima fila nella promozione delle colonie le grandi aziende, in collegamento con l'Opera nazionale Balilla. Le prime colonie per i figli degli operai Fiat furono realizzate nel 1924, mentre quelle promosse dal Gruppo Sip vennero inaugurate nel 1927. Negli anni successivi, e soprattutto negli anni Trenta, la Sip intensificò la sua azione.
Relativamente alla Stipel, attraverso le Relazioni che annualmente il Consiglio di Amministrazione presentava all’Assemblea degli azionisti, si apprende che nel 1932 la Cassa mutua malattie per il personale operaio aveva inviato alle colonie marine, per la durata di un mese, 172 figli dei propri soci; nel 1933 i figli di operai che beneficiarono delle vacanze in colonia, sulle spiagge liguri, furono 209; nel 1934 si arrivò a 263 e l'anno successivo, non più però in Liguria ma sull'Adriatico, i bambini in colonia furono 285. Il numero salì a 338 l'anno successivo mentre nel 1937 furono 384. Nel 1937 si diede la possibilità anche agli impiegati di mandare i figli in colonia, partecipando però con una quota pari a 100 lire. Nel 1938 le richieste erano salite a 464. L'anno successivo, il 1939, le richieste furono ancora in aumento raggiungendo la cifra di 524. Diminuirono leggermente nel 1940, ma le colonie quell'anno non si fecero a causa dell’entrata in guerra dell’Italia e dei successivi bombardamenti degli edifici delle colonie a opera delle flotte inglesi e francesi.