La Sip telefonica e il telefono in tutte le case (1964-1985)

Il 29 ottobre 1964 fu ufficialmente annunciata la fusione per incorporazione nella Sip idroelettrica delle cinque concessionarie che per quasi quarant'anni avevano gestito la telefonia in Italia. La Stipel, la Telve e la Timo, nell'Italia settentrionale, la Teti nell'Italia centrale e la Set nell'Italia meridionale finirono di esistere come entità autonome. La nuova società, Sip - Società italiana per l'esercizio telefonico, ebbe da quel momento competenza su tutto il territorio nazionale. In quello stesso anno, secondo il piano di nazionalizzazione dell’energia elettrica, la Sip cedette all’Enel le proprie società elettriche, ottenendone proventi reinvestiti nella telefonia.
Nel giro di due decenni la Sip raggiunse traguardi importanti, portando la densità telefonica italiana dagli 8,14 abbonati ogni 100 abitanti del 1964 ai 30,4 abbonati del 1985; ormai circa un italiano su tre aveva sottoscritto un abbonamento telefonico e, considerando che tre persone era anche il numero medio di componenti delle famiglie italiane, ciò significava che la stragrande maggioranza delle famiglie, al nord come al sud del Paese, era collegata alla rete telefonica.


 
Il Gruppo Stet e il riordino del sistema delle telecomunicazioni

In seguito alla fusione delle cinque società telefoniche concessionarie nella Sip, la Stet, che possedeva il 53% del capitale azionario della nuova società, assunse un ruolo centrale nel campo delle telecomunicazioni. Nello stesso anno la finanziaria dell’Iri assunse il controllo della società Italcable, fondata nel 1921 e attiva nel campo delle telecomunicazioni intercontinentali. Attraverso il controllo della Italcable, la Stet acquisì il controllo di altre due società attive nel settore: la società Telespazio, impegnata nel settore delle comunicazioni spaziali, e la società Radiostampa, concessionaria del Ministero delle Poste e Telecomunicazioni per i servizi telegrafici e radiotelegrafici di stampa.
Le nuove acquisizioni permettevano alla Stet di accentuare il suo ruolo chiave all’interno del sistema delle telecomunicazioni italiane. La sistemazione del settore, con la ripartizione delle competenze tra Sip, Italcable e Asst, si concluse nel 1968, quando venne stipulata una convenzione aggiuntiva tra Ministero delle Poste e Telecomunicazioni e Sip. Il documento assegnava all’Asst il traffico interurbano svolto da 37 distretti telefonici e alla Sip il restante traffico interurbano, oltre naturalmente al traffico urbano gestito in esclusiva. Il servizio internazionale veniva ripartito tra Asst, con competenza per il traffico svolto con tutti i paesi europei e quelli extraeuropei del bacino del Mediterraneo, e Italcable, con competenza sul traffico telefonico intercontinentale. La convenzione spostava la scadenza della concessione inoltre dal 1986 al 1996.
 
 La struttura organizzativa della Sip nel 1965

Alla nascita della Sip, le massime cariche della società erano ricoperte da Giovanni Someda (presidente), professore ordinario di elettrotecnica nell’Università di Padova e già presidente di Stipel, Stet e Sip elettrica, da Amedeo Peyron (vicepresidente), già sindaco di Torino e presidente della Stipel, da Paolo Ricaldone (vicepresidente), per lungo tempo presidente della Cassa di Risparmio di Torino, e dall’amministratore delegato Carlo Perrone, in precedenza direttore generale della Sip elettrica.
La definizione dei criteri generali di gestione, l’emanazione delle direttive e il controllo sulla loro osservanza era affidato a tre Direzioni Generali  (tecnica; amministrativa; traffico e affari generali)
La gestione vera e propria era invece affidata a cinque Direzioni di Zona che operavano a diretto contatto con le Direzioni locali e le Agenzie. La loro competenza era estesa su un’area geografica che corrispondeva alle divisioni territoriali delle ex società concessionarie.
 
 Lo sviluppo del servizio

La nascita della Sip contribuì allo sviluppo del servizio telefonico in Italia. Nell’ottobre del 1965 venne elaborato il primo piano quinquennale della società, valido per gli anni dal 1966 al 1970. Il piano prevedeva un investimento complessivo di circa 660 miliardi e mirava ai seguenti incrementi netti d’impianti: 1.800.000 numeri di centrale, 5.500.000 km cto di reti urbane e 2.000.000 km circuito di rete extraurbana; era inoltre previsto un incremento di circa 1.600.000 abbonati.
I maggiori successi conseguiti dalla Sip in questo periodo furono probabilmente il completamento della teleselezione nazionale nel 1970 e la straordinaria diffusione degli impianti a spina e degli apparecchi addizionali, che passarono dai circa 23.000 apparecchi del 1964 ai più di un milione dei primi anni Settanta.
Significativo fu nel corso degli anni Sessanta anche l’incremento del personale, determinato dal continuo sviluppo del servizio. Nel 1961 i dipendenti delle cinque concessionarie, ancora separate, erano in tutto 36.380. Alla vigilia della fusione, cioè a fine 1963, avevano superato la soglia dei quarantamila. Dieci anni dopo la costituzione della società, nel 1974, i dipendenti Sip avevano raggiunto le 68.224 unità.
 
 Gli investimenti nel Sud

A fine 1969 gli abbonati nel Mezzogiorno raggiunsero il numero di 1.315.641, con un incremento annuo del 10,6%, a fronte del 7,6% relativo alle altre regioni italiane; maggiore che nel resto d’Italia era anche l’aumento del numero degli apparecchi supplementari (20,5%, a fronte del 15,5% delle altre regioni). Nella categoria di "supplementari" si comprendevano sia gli apparecchi addizionali nelle case sia le derivazioni da centralini.
La relazione del Consiglio di Amministrazione della Sip all’assemblea ordinaria del 10 giugno 1970, fornendo questi insieme a molti altri dati, sottolineava come tutto il Sud avesse fatto segnare incrementi che, in un anno già caratterizzato da un andamento in generale particolarmente favorevole, lasciavano intravedere la tendenza a recuperare il divario, ancora pesante, che separava le regioni meridionali dal resto d’ Italia.
Era nel frattempo significativamente cresciuta, soprattutto a partire dalla metà degli anni Sessanta, la quota degli investimenti aziendali nel Mezzogiorno. La media annua, assai bassa tra il 1955 e il 1957 (7,7% sul totale nazionale), si era progressivamente elevata raggiungendo, tra il 1958 e il 1964, dopo l’ingresso della Set nel Gruppo Stet, il 21,3% del totale; dopo la fusione delle concessionarie si attestò sulla quota ben più significativa del 31%. Nel 1969 l'investimento nel
Mezzogiorno fu di 58 miliardi a fronte di un investimento complessivo di 189,6 miliardi.
Il divario tra la densità telefonica nel Sud e in Italia iniziava intanto a far registrare una lieve ma costante diminuzione, segno di una tendenza che si sarebbe rafforzata nel corso degli anni Settanta.
Nel 1980 nel Sud vi erano 22,58 apparecchi ogni cento abitanti, contro una densità nazionale pari a 34,14 apparecchi ogni cento abitanti. Ancor più vicini erano i numeri degli abbonati: 16,50 ogni cento abitanti nel Mezzogiorno contro 23,05 del resto d'Italia.
 
 La Sip durante la crisi economica degli anni Settanta

Durante gli anni Settanta l’economia italiana subì i contraccolpi delle gravi crisi energetiche internazionali del 1973 e del 1979, causate dell’interruzione del flusso di approvvigionamento di petrolio in seguito alla guerra arabo israeliana prima e alla rivoluzione iraniana poi.
In questo periodo si registrò in Italia un forte incremento dell’inflazione che passò dal 6% del 1972 al 10,6% del 1973, fino a superare il 19% l’anno successivo e il 21% nel 1980.
La crisi economica fu sentita anche dalla Sip, che vide lievitare i costi per l’erogazione del servizio fino a registrare nel 1979, per la prima volta nella sua storia, un deficit di bilancio che fu replicato anche l’anno successivo.
In questo periodo di crisi si sviluppò un forte dibattito sulle tariffe telefoniche tra chi, in particolare la società, voleva adeguare le tariffe a quelle in vigore negli altri paesi industrializzati e chi, parte del mondo politico e dell’opinione pubblica, sosteneva che il servizio telefonico doveva essere offerto a un prezzo politico. Alla fine gli incrementi tariffari dovettero sottostare all’introduzione di una “fascia sociale” con un certo numero di scatti addebitati a un prezzo inferiore.
 
 La riorganizzazione aziendale degli anni Ottanta

Il 26 ottobre 1982 venne varato il Piano di ristrutturazione della Sip. La nuova struttura organizzativa prevedeva una Direzione generale articolata in sette aree (pianificazione strategica e sistema informativo; relazioni esterne; approvvigionamenti; mercato; rete; personale e organizzazione; amministrazione e controllo); 16 Direzioni regionali, collocate nei capoluoghi di regione con eccezione di Aosta, Campobasso, Perugia e Potenza; e l’abolizione delle cinque Direzioni di Zona, che costituivano un retaggio della ripartizione del servizio telefonico fra le cinque concessionarie. 
L’anno successivo, in occasione della 61a Fiera di Milano, la Sip presentò il suo nuovo marchio caratterizzato,  come si legge nel documento di registrazione, "da un tetragramma rosso ondulato visto in prospettiva". Per la prima volta, in modo organico, l'azienda si pose il problema della propria identità visiva, fino a quel momento frammentata in svariati modi di rappresentazione: la Sip cominciava ad avere sul mercato una certa varietà di servizi e di prodotti, che sarebbero aumentati in breve tempo e che, attraverso il marchio, dovevano essere immediatamente riconducibili alla casa madre; con la promozione del marchio si raggiungeva così lo scopo di rafforzare l'immagine aziendale e contemporaneamente si promuovevano i singoli prodotti.Infine, nel 1985, la Sip cambiò la propria denominazione da Sip - Società italiana per l’esercizio telefonico p.a. a Sip - Società italiana per l’esercizio delle telecomunicazioni p.a.

Il comunicato al personale e gli ordini di servizio 1 e 2, con cui si individuavano la nuova...
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Un articolo pubblicato sul numero 10 del 1973 di «Selezionando. Notiziario Sip 3° zona» illustra...
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