Gli attrezzi del mestiere

Il lavoro degli operai e dei tecnici di rete richiedeva l’utilizzo di appositi strumenti, necessari sia per la realizzazione dei lavori che per la messa in sicurezza del dipendente, visto che l’attività lavorativa era spesso svolta in condizioni difficoltose e pericolose, a diversi metri da terra o nel sottosuolo. Fino al secondo dopoguerra le attrezzature e i materiali utilizzati dai dipendenti telefonici venivano trasportati sul posto di lavoro a mano, in bicicletta, attraverso rudimentali carrelli o sfruttando la trazione animale. Solo raramente si ricorreva a veicoli a motori, la cui diffusione era ancora ridotta all’interno delle società concessionarie.
Nel secondo dopoguerra, il boom della motorizzazione coinvolse anche le società concessionarie producendo notevoli cambiamenti nelle condizioni di lavoro dei dipendenti.


 
La conquista dell’altezza

Per salire in cima ai pali (la cui altezza poteva variare dai 7,50 ai 9 metri) o arrampicarsi sulle facciate degli edifici, i guardafili e i giuntisti erano equipaggiati con scale, staffe e cinture.
Le cosiddette “staffe montapali”, su cui venivano fissati degli arpioni in metallo curvi, venivano legate ai piedi tramite cinghie di cuoio. Anche le cinture di sicurezza, che assicuravano il guardafili o il giuntista, erano cinghie di cuoio, fissate alla cintura per mezzo di un moschettone. Le scale di legno venivano invece usate quando la manutenzione riguardava cavi collegati alle pareti di edifici. Erano munite di zoccoli antisdrucciolo e, per evitare il ribaltamento, dovevano essere posizionate con la base a una distanza di circa 20-30 cm dal muro per ogni metro di scala. La cosiddetta “scala a elementi innestati”, conosciuta anche come “scala all’italiana”, permetteva di montare scale diverse che potevano arrivare sino a 21 m, praticamente l’altezza di un palazzo di 5 piani. Montare una scala e operare a una notevole altezza richiedeva abilità fisiche e una preparazione che doveva essere certificata. Infatti, per poter operare con scale di una lunghezza superiore ai 15 metri, gli operai telefonici dovevano essere muniti di un certificato di idoneità rilasciato appositamente dai Vigili del Fuoco, mentre non era consentito montare scale superiori a 21 m.
Solitamente il montaggio della scala procedeva sulla parete in modo progressivo, aggiungendo un pezzo alla volta fino ad arrivare all’altezza necessaria; solo per gli interventi che prevedevano l’appoggio della scala direttamente sul cavo i guardafili potevano montare la scala, non più di due pezzi, sul terreno e poi issarla tutta insieme successivamente. Nella fase di montaggio e durante le operazioni di intervento sui fili telefonici, i guardafili dovevano operare almeno in coppia affinché fosse sempre assicurata la presenza di una persona a sorvegliare la base della scala. Nei corsi di formazione e nelle campagne antinfortunistiche costante era la raccomandazione di controllare tutta l’attrezzatura prima di “montare” sui pali.
La prima scala che poteva essere sollevata con un sistema meccanico fu la cosiddetta scala “Porta”, già in uso a fine Ottocento. Questo tipo di scala era posizionata su un carro e veniva manovrata da un operaio che rimaneva a terra. A partire dagli anni Cinquanta furono introdotte, dalle diverse società concessionarie, dei modelli di autoscala più efficienti. Uno dei primi fu la scala semovente tipo Metz DL. 20, interamente metallica e montata su autotelai Chevrolet. Queste scale potevano compiere manovre facili e veloci che oltre all’innalzamento comprendevano la rotazione intorno alla base, l’inclinazione laterale e lo scorrimento dei tre pezzi che la componevano.
 
 La motorizzazione all’interno delle società telefoniche

Nel secondo dopoguerra le società concessionarie avviarono piani di motorizzazione che prevedevano l’acquisto di automezzi in serie dalle fabbriche nazionali, ma anche lo studio di mezzi speciali per sopperire a particolari esigenze. Questi studi - il primo dei quali, adottato all’interno della Stipel, risale al 1947 - evidenziarono la convenienza della motorizzazione in termini economici, sulla base del risparmio di tempo impiegato dai lavoratori negli spostamenti. Fu inoltre prevista la costruzione di nuove autorimesse in grado di ospitare il crescente numero di veicoli. Nel 1948 la società Stipel possedeva 122 mezzi motorizzati (119 automezzi e 3 motocicli), di cui circa la metà era in servizio presso le sedi degli esercizi di Torino e Milano. Sette anni dopo, nel 1954, il numero di mezzi motorizzati raggiunse le 703 unità (488 automezzi e 215 motocicli). Un simile incremento è attestato anche per le società Telve e Timo dove, nello stesso arco di tempo, il numero di mezzi motorizzati passò da 70 (40 automezzi e 30 motocicli) a 261 unità nella Telve (124 automezzi e 137 motocicli) e da 112 (47 automezzi e 65 motocicli) a 418 unità nella Timo (109 automezzi e 309 motocicli). Anche alla Set e alla Teti lo sviluppo della motorizzazione fu significativo. L’incremento del parco automezzi continuò anche negli anni successivi. Al 31 dicembre 1966 la nuova società concessionaria Sip possedeva complessivamente 8.804 automezzi, che giunsero a 23.267 nel 1974; in quell’anno fu possibile assegnare un veicolo a più della metà dei dipendenti dell’esercizio reti (per la maggior parte guardafili e giuntisti), a circa un dipendente ogni quattro dell’esercizio centrali e a un dipendente su tre dell’esercizio cavi e trasmissioni.
Negli anni Ottanta l’autoparco sociale della Sip subì altre trasformazioni. La maggiore innovazione fu l’introduzione della “Panda telefonica”. La nuova vettura utilitaria della Fiat fu presentata al Salone di Ginevra nel febbraio 1980. Nel 1982 una speciale versione, a cui furono apportate modifiche per consentire l’uso promiscuo della vettura e la confortevole collocazione delle attrezzature, fu adottata dalla Sip per i contenuti costi di esercizio. Alla fine del 1986 la “Panda telefonica” costituiva circa il 43% del totale dei veicoli, ossia circa 36.000 mezzi motorizzati.

Un articolo pubblicato sulla rivista aziendale «Selezionando. Notiziario Stipel» n. 8, 1961,...
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Un articolo apparso sulla rivista aziendale «Selezionando Sip», intitolato Dalla terra al sole,...
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