Le conseguenze della grande crisi del 1929 e la nascita della STET
La crisi internazionale del 1929, il mancato previsto boom negli abbonamenti e il dissesto delle grandi banche finanziatrici travolsero, sia pure in misura diversa, le concessionarie che avevano deliberato nei primi anni di vita così significativi investimenti.
La SIP elettrica, a cui faceva capo il 60% del sistema telefonico attraverso la STIPEL, la TELVE e la TIMO, fu coinvolta nel crollo della Italgas e della Banca commerciale. Per la sorte della società, decisivo fu l'intervento dello Stato mediante il ruolo dell'IRI (Istituto per la Ricostruzione Industriale), fondato per rilevare tutte le partecipazioni industriali delle grandi banche in crisi. Nei primi anni Trenta il presidente dell'IRI Francesco Beneduce, affrontando la questione del risanamento della SIP (Società Idroelettrica Piemonte), indebitata per più di un miliardo di lire, sulla base del lavoro preparatorio svolto da Guglielmo Reiss Romoli, propose lo smembramento della società e la razionalizzazione dei suoi diversi settori, in particolare quello della telefonia.
L'IRI acquisì le azioni delle tre aziende telefoniche concessionarie del servizio per l'Italia settentrionale (STIPEL, TELVE e TIMO), e le cedette a una società di nuova costituzione, la cui entità patrimoniale sarebbe stata inizialmente sottoscritta dall'IRI stessa. Il 21 ottobre 1933 venne così fondata la Società Torinese Esercizi Telefonici (STET), con presidente Ugo Bordoni. Si trattava di una finanziaria di settore, con compiti sia tecnico-economici sia di approvvigionamento dei mezzi finanziari. Il prestito obbligazionario di 400.000.000 di lire, pari al capitale STET, venne offerto al pubblico come azionariato; al termine delle conversioni, il 42% del capitale risultò essere di azionisti privati. La formula IRI-STET rappresentò pertanto una forma mista pubblico-privata, intermedia tra il riscatto dello Stato delle concessioni telefoniche e la concessione del servizio ai privati.
I primi anni di gestione
All’atto dell’acquisizione, le tre società telefoniche erano gravate da un forte indebitamento. La situazione più drammatica era quella della TIMO, che ereditava dalla gestione precedente un debito di 158 milioni a fronte di soli 50 milioni di capitale.
Le concessionarie uscirono dalla crisi a partire dal 1934; nei bilanci di quell’anno si registrò un utile di esercizio da parte della STIPEL e della TELVE, mentre il bilancio della TIMO tornò in attivo nel 1936.
Gli anni fra il 1933 e il 1939 furono caratterizzati anche dalla prudenza gestionale, che limitò la portata dei nuovi investimenti, sacrificati dalla necessità di risanamento delle aziende e dalla volontà di privilegiare la retribuzione del capitale investito. Alcuni dati possono illustrare lo sviluppo del settore: l’incremento medio annuo dei numeri di centrale urbana tra il 1933 e il 1939 fu di circa il 3% per la STIPEL, e circa il 2% per la TELVE e la TIMO, contro un incremento medio annuo superiore al 15% tra il 1925 e il 1932. Rallentò anche il processo di automatizzazione delle centrali urbane, che aveva registrato un forte sviluppo nel periodo precedente. Di misura ridotta fu anche l’incremento della rete urbana, che passo dai circa 440.000 km di proprietà delle società del Gruppo nel 1932 ai 520.000 km del 1939, con un incremento pari al 18% contro quello superiore al 180% registrato tra il 1925 e il 1932. Ancora inferiore fu l’incremento della rete extraurbana: dai circa 113.500 km nel 1933 ai circa 125.000 km del 1939.
Cauta fu anche la gestione finanziaria della TETI e della SET. Entrambe le società, come le tre società entrate nel Gruppo STET, preferirono privilegiare il consolidamento della loro situazione finanziaria e ridussero di molto gli investimenti per lo sviluppo della rete e dei servizi.
Questa situazione comportò un incremento molto limitato del numero di abbonati con il passaggio in tutta Italia da 0,87 abbonati ogni 100 abitanti nel 1933 a 1,11 nel 1939.
Investimenti e distruzioni durante la guerra
Sotto la presidenza dell’ingegner Ugo Bordoni il consiglio di amministrazione della STIPEL si riunì a Milano il 30 novembre 1940. Mussolini, che a fine giugno aveva firmato l’armistizio con la Francia, aveva a fine ottobre dichiarato guerra alla Grecia, a cui si sarebbero “spezzate le reni”. Ma già a metà novembre, dopo un’offensiva senza successo, l’esercito italiano era stato costretto a ripiegare.
In apertura della seduta di Consiglio il presidente Bordoni comunicò che l’attività dell’anno era stata caratterizzata da un’intensa richiesta di “prestazione”, sia nel primo semestre di “emergenza”, sia nel secondo, a causa delle necessità belliche vere e proprie.
Le forze armate usufruivano largamente delle reti, lasciando un minor numero di circuiti a disposizione del pubblico, che a sua volta aveva aumentato le richieste per nuovi allacciamenti. L’incremento dell’utenza era stato tale che a Milano il problema del sovraffollamento degli uffici per il pagamento delle bollette era stato risolto attraverso convenzioni con banche che, attraverso i loro sportelli, avevano provveduto alle riscossioni.
Nonostante le maggiori spese si prevedeva dunque per l’anno un beneficio negli utili netti rispetto a quelli percepiti nell’anno precedente.
La guerra non sembrava per il momento aver provocato inconvenienti particolari, se si esclude la rinuncia alla colonia marina per i figli dei dipendenti operai e impiegati, in quanto lo stabile di Misano mare, per disposizione del partito, era servito a ospitare i figli degli albanesi.
Piuttosto, il conflitto sembrava offrire nuove opportunità sia di espansione dei servizi e delle reti sia di nuove acquisizioni tecniche, per la più stretta collaborazione con gli alleati tedeschi; gli anni dal 1940 al 1942 segnarono infatti un incremento degli impianti delle società telefoniche. L’incremento dei numeri di centrale automatica fu superiore a quello registrato nel triennio precedente: il 17% contro il 15% nella STIPEL, il 18% contro il 3% nella TELVE, il 13% contro il 6% nella TIMO, il 20% contro il 17% nella TETI, il 5% contro il 3% nella SET.
La situazione cambiò a partire dal 1943 quando i bombardamenti degli alleati e le distruzioni operate dai tedeschi in ritirata causarono numerosi danni alle strutture telefoniche.
La prima società a subire forti perdite fu la SET che registrò nell’anno 1943 una diminuzione dei numeri di centrale urbana pari a circa il 35%, dell’estensione delle reti urbane pari al 9% e di quelle extraurbane del 62%. Negli anni 1944 e 1945 anche le restanti società furono coinvolte nelle devastazioni belliche.