Il 24 maggio 1915 l’Italia entra il guerra contro l’Austria. Sul confine orientale le prime schermaglie di artiglieria mettono fuori uso le linee telefoniche. Come racconta Italo Svevo in un brano della Coscienza di Zeno, il protagonista del romanzo apprende del precipitare degli eventi proprio attraverso una mancata telefonata a casa. Nei pressi di Gorizia, un telefono muto segna l’imprevista irruzione del dramma della guerra nell’apparente imperturbabilità della vita quotidianità. Da quel momento in poi quel territorio si trasforma in teatro di guerra. Non più le linee telefoniche per la comunicazione civile, ma quelle a uso militare sono chiamate a svolgere una fondamentale funzione logistica.
Assicurano il passaggio degli ordini attraverso il rapido funzionamento della catena gerarchica di comando: dai comandanti più alti in grado, nei loro quartieri generali, agli ufficiali sulla linea del fuoco.
Accade ovviamente che quelle linee si interrompano spesso, e per i più svariati motivi, come racconta Emilio Lussu in una pagina di Un anno sull’altipiano. Ardui e importanti diventano i compiti degli addetti alle comunicazioni: riparano, ripristinano, costruiscono le linee, anche sotto il fuoco nemico, con grande coraggio e molti rischi, come testimonia Giovanni Comisso in Giorni di guerra. Ma, nella guerra di trincea, fare il telefonista può essere anche un incarico ambito, come precisa lo stesso autore: nel corso di ogni azione, proprio per la funzione strategica delle comunicazioni, si cerca sempre di assicurargli una postazione riparata, più possibile al sicuro dalle pallottole nemiche.