Nella narrativa italiana degli anni della ricostruzione e del boom economico il telefono segna fortemente le differenze fra città e campagna e fra le classi sociali. Nell’immediato dopoguerra il telefono domestico è ancora un bene irraggiungibile per i ceti popolari, anche nella grande città, a meno che non risponda a una drammatica necessità. In La Storia di Elsa Morante, la protagonista, sola al mondo con il figlioletto vittima di un male oscuro, si fa installare il telefono esclusivamente per cercare di mantenere i contatti con il bambino quando il lavoro la costringe ad assentarsi da casa. Per i più, ancora nel corso di tutti gli anni Cinquanta, c’è il telefono pubblico.
Chiamano ora da un bar, ora da una tabaccheria, i personaggi dei romanzi pasoliniani ambientati nelle borgate romane. La telefonata dei “poveri” non è mai privata. All’ascolto non è solo il ricevente, all’altro capo del filo, ma tutto l’ambiente circostante: forse è anche per questo che i “ragazzi di vita” cercano di darsi un contegno quando sono al telefono.
Negli anni del boom la teleselezione nazionale è lontana (si dovrà attendere fino al 1970), ma le telefonate interurbane e anche internazionali sono sempre più frequenti. L’industriale padano, protagonista del romanzo La califfa di Alberto Bevilacqua, si compiace di poter chiamare e ricevere chiamate dall’universo mondo: segno questo di benessere economico e non solo.
Se chiamare da Parigi a Roma può essere ancora un evento per il nevrotico protagonista di Il male oscuro di Giuseppe Berto, al contrario una quotidiana telefonata interurbana fornisce il pretesto narrativo per Favole al telefono, il più noto libro per bambini di Gianni Rodari.
Si impone una nuova geografia delle distanze. Nel racconto Ypsilanti in linea, cabina 9, scritto da Dino Buzzati nel 1965 per la rivista aziendale «Selezionando Sip», il paese più lontano dal posto telefonico pubblico può essere non quello situato in capo al mondo, ma il borgo della vicina vallata, con il quale, forse perché mal collegato, si tenta invano di comunicare.