Dal 1942, con i bombardamenti delle città italiane, le linee e centrali gestite dalle cinque società concessionarie (Stipel, Telve, Timo, Teti e Set) cominciarono a subire danni rilevanti: le comunicazioni erano frequentemente interrotte e, in mancanza di materiali di ricambio, non era possibile garantire manutenzione e riparazioni. A partire dal 1943 il numero di abbonati diminuì per la prima volta, in misura sensibile.
Quando la guerra si svolgeva nelle città, coinvolgendo direttamente la popolazione civile, costanti nel corso del conflitto furono i tentativi, spesso riusciti, di distruzione delle centrali telefoniche, prima da parte degli Alleati attraverso i bombardamenti, poi, dopo l'8 settembre del 1943, anche per opera dei tedeschi in ritirata.
La Centrale Borsa di Napoli
Uno degli episodi più significativi fu la totale distruzione della centrale Borsa di Napoli avvenuta il 20 settembre 1943. L'evento fu rievocato nella seduta del 20 dicembre 1944 del Consiglio di Amministrazione della Set, la concessionaria telefonica del Sud, dal conte Pellegrini, amministratore delegato e direttore generale al momento del disastro.
In quella riunione era presente solo una parte dei consiglieri: dei sedici membri, otto si trovavano nell’Italia già liberata dagli Alleati, sei erano nell’Italia occupata dai tedeschi, due risultavano all’estero. Roma era stata liberata a giugno e Firenze a settembre; più a nord, oltre la “linea gotica” si sarebbe combattuto fino alla fine dell’aprile successivo.
Racconta Pellegrini che all’alba del 9 settembre, il giorno successivo alla firma dell’armistizio dell’Italia con gli Alleati, giunse alla direzione della Set di Napoli un fonogramma con il quale il Comando supremo italiano, presieduto dal generale Badoglio, ordinava il taglio di tutte le linee telefoniche interurbane del Comando tedesco. Un analogo ordine era stato diramato anche alle altre società, ma solo a Napoli, a quanto risulta, l’ordine fu con determinazione eseguito. L’azione di guerra causò danni significativi all’esercito tedesco così “accecato”. La rappresaglia tedesca si concretizzò nei giorni successivi. Occupata la centrale telefonica, i militari tedeschi interruppero tutte le comunicazioni urbane e interurbane, arrestarono e fucilarono quattordici carabinieri ad Aversa e i principali dirigenti della Set, il conte Pellegrini e l’ing. Santomauro, furono condannati alla pena capitale. Il castigo doveva essere esemplare e doveva servire a dissuadere tutti coloro che in futuro avessero osato compiere atti di sabotaggio. Pellegrini e Santomauro furono poi risparmiati, essendo la loro posizione ritenuta assimilabile a quella di militari che avevano obbedito a un ordine. li 29 settembre, prima di abbandonare la città, la Centrale di Napoli fu minata e distrutta dai tedeschi in ritirata.
Cronaca di quei giorni
La rappresaglia tedesca non si fece attendere: giorno 11 le centrali, a protezione delle quali erano stati posti 150 uomini del 40° Fanteria e circa 50 carabinieri, furono occupate e le comunicazioni urbane e interurbane per il pubblico furono interrotte; giorno 13, quattordici carabinieri vennero “prelevati” e successivamente “fucilati ad Aversa con ferocia barbara”; prelevato fu anche parte del personale tecnico della centrale Borsa, poi rilasciato. Quello stesso giorno vennero presi anche Pellegrini e l'Ing. Santomauro “con la scusa - così racconta l'ex amministratore delegato - di portarmi in centrale Borsa per riattivare il servizio”. I due furono invece portati al comando tedesco e condannati a morte, pena poi tramutata in un “castigo” grazie all'intervento dei dirigenti della Set.
Prima di abbandonare Napoli, in seguito all'avanzata degli Alleati, i tedeschi minarono e fecero saltare la centrale della Borsa. Erano le ore 17,50 del 20 settembre 1943. Pellegrini aveva convinto l'ufficiale tedesco Knippals, ingannandolo per salvare le altre centrali, che la distruzione della centrale Borsa avrebbe paralizzato anche tutte le altre di Napoli.
Di lì a pochi giorni, il 1° ottobre 1943, gli Alleati entrarono in città.
Danni di guerra alla Teti
Sul fronte interno, nelle città bombardate, il recupero dei materiali danneggiati e il ripristino delle comunicazioni diventò l’attività principale degli operai telefonici, come ricordano le testimonianze di ex dipendenti della Teti. Complessivamente si calcolò che i danni di guerra, valutabili in molti miliardi di lire, avevano ridotto del 28% il numero degli abbonati, del 16% il numero delle centrali automatiche urbane, del 13% la lunghezza complessiva dei circuiti urbani e del 41% quella dei circuiti interurbani.